Sugo alle cannocchie e pecorino di fossa

L’accostamento fra cannocchie e formaggio di fossa a qualcuno fa storcere il naso.
Sulla mia tavola è arrivato dopo alcuni esperimenti casuali. Quando però ho letto nel libro di Michele Marziani e Piero Meldini La cucina riminese fra terra e mare che in un ristorante molisano c’è uno chef romagnolo che accosta i due ingredienti con successo, mi sono sentita rinfrancata.
Premetto che io preparo tutto a freddo e non metto aglio perché ai miei dà fastidio.
In una larga padella dove ho versato del buon olio, metto delle belle cannocchie pulite e tagliate in tre parti (o due se piccole), dei pomodorini pendolini tagliati a cubetti, abbondante prezzemolo tritato.
Faccio scaldare a fuoco moderato e smuovo delicatamente di tanto in tanto, magari mentre l’acqua per la pasta prende bollore.
Quando il liquido di cottura si asciuga un po’, aggiungo un mezzo bicchiere di vino bianco e aggiusto di sale. Finisco di tirare questo sughetto a fuoco moderato, mentre la pasta cuoce.
Condisco il tutto e ci grattugio sopra dell’ottimo pecorino di fossa. Mi piace anche la versione con il formaggio in leggere scaglie.
Avvertenza importante: tutti gli ingredienti devono essere di ottima qualità. Non vale la pena risparmiare, se si vuole mangiare senza pentimenti…
Ci sarebbe poi una stagionalità, per questo piatto, che non corrisponde a quella attuale. Le cannocchie danno il meglio nei mesi invernali e le fosse, a Sogliano, si riaprono a fine novembre, nel giorno di Santa Caterina…
Clicca qui per sapere di più sul formaggio di fossa.

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In dialetto si dice…

Canòcia
Ittiol., cannocchia, cicala, pannocchia (Squilla mantis).
E’ quel noto crostaceo, di forma allungata, che richiede abilità e prudenza quando lo si lavora. Lessata, sgusciata e condita con olio, sale, pepe, limone e prezzemolo fresco, è gustosissima e va giustamente ‘di moda’. E’ ottima anche arrosto, sulla brace, mentre per il brodetto suscita perplessità in alcuni. Vero è che nel passato, fra i pescatori, era usata per il brodetto ‘alla poverina’, cioè per un brudèt sna ad canoci, di sole cannocchie. La stagione propizia è quella dei mesi invernali, quando la femmina è ricca di uova, la cosiddetta zera, cera (che non a tutti piace), che viene a deporre a riva durante lo scuro di luna, periodo ritenuto da taluni essere quello della cosiddetta canucèra. Svuotatasi delle uova, la cannocchia è detta anche
scartòz.

Gianni Quondamatteo
Dizionario romagnolo ragionato (Tipolito La Pieve, Villa Verucchio 1982)


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