Guido Lucchini, commediografo dalla Barafonda

Articolo pubblicato su Il Resto del Carlino nel febbraio 2006
Guido Lucchini, nato a Rimini il 2 aprile 1925, è sposato con Elsa Tosi ed ha due figli: Massimo di 55 anni e Daniele, 47 anni. E’ nonno di tre ragazzi: Bryan, 17 anni; Davide, 18; Denis, 14. Ora pensionato, era operaio specializzato presso le Officine Grandi Riparazioni delle Ferrovie dello Stato. Da ragazzo abitava nel Borgo di San Giuliano, ma s’è presto trasferito a San Giuliano Mare, nella sua Barafonda, a cui ha dedicato un libro di poesie e ricordi (edito nel 1996 da Pietroneno Capitani). Ha pubblicato altri tre libri: “Remin e pu piò” (1994), “Vent’anni di teatro dialettale” (1993), “Raconta Remin, raconta” (2004). Guido Lucchini Le commedie più note: Turin int ti suldé, E mat dla castlàza, La sunambula, E Pizardon dal stèli, La butèga ad pitron, La fein de mand, Aspitè l'è cumè murì, La società de fiòr, E bambòz, Zvanì (Giovanni Pascoli), O la va o la spaca, Baraca e buratéin, La rufianèda, E’ bdoc arfàt, La cabala, Pòri Pantalon, Pori bigoti, Campeni in amor, Padron e cuntadein, La prova de fògh (Bruneri o Canella?), Al doni de port, Ades o mai piò, Bagnino Gastone, La piazèta dal purazi, La vita l’è tott una cumedia, Un uspidel tott da rid, Pori dievul, Un caplèn pursia, E pustein dla Barafanda, L’ultme cuntadein, Chal doni d’una volta, Mort un Pèpa séta un ent, E’ giudizie universel.
La vita l’è tott una cumedia: se quaranta vi sembran poche
Classe 1925, capelli bianchi, occhi che sorridono, voce dolce: che legga le sue poesie o che racconti di una delle sue tante commedie ambientate nei borghi di Rimini, Lucchini riesce ad affascinare l’ascoltatore come solo sapevano fare quei nonni affabulatori che con le loro parole scaldavano le fredde serate invernali ancora orfane di televisione. Anche una semplice intervista riesce ad evocare profumi e atmosfere del passato cittadino, con le vicende da Corte dei Miracoli ed i personaggi caratteristici che i più anziani ancora ricordano: Bilòz, Sivio, Nasi, Ciriacheto, Mario dla Capleta, la Bec-sèca, Caculini… Nel 1973 Lucchini fu tra i fondatori della compagnia dialettale “E’ teatre rimnes”, che tuttora dirige. In oltre trent’anni di attività, insieme a più di cento fra attori e tecnici che si sono succeduti nel tempo, come autore e regista Lucchini ha collezionato premi e riconoscimenti da far invidia alle compagnie più blasonate, anche a livello nazionale, del “teatro serio”.
Come autore regolarmente iscritto alla SIAE, a cui è associato da anni e dalla quale riceve, oltre ai diritti di sua competenza, un assegno professionale fisso ogni mese, è di sicuro fra i più prolifici: la commedia “E’ giudizie universel”, rappresentata quest’anno, è infatti la numero quaranta nata dalla sua penna. “E la prossima sta già prendendo forma nella mia testa - racconta sorridendo – E’ ancora senza titolo e spero che sia pronta per la prossima stagione, in autunno.” Per la sua verve creativa Lucchini è maestro e punto di riferimento per i colleghi: i suoi testi sono i più rappresentati anche fuori dai confini regionali. Basta scorrere i cartelloni dei vari teatri, per rendersene conto. “I miei lavori sono abitualmente portati in scena da una quindicina di compagnie riminesi – elenca soddisfatto – Ma anche da tre di San Marino ed altre di Bagnacavallo, Granarolo Faentino, Forlì, Pesaro. Mi hanno richiesto testi anche da Sicilia, Calabria e Puglia: alla SIAE non risulta nulla, ma ho saputo che qualcuno li ha utilizzati con successo dopo averli tradotti e aver cambiato il titolo.” Come riesce un autodidatta, ex ferroviere, a scrivere commedie con tale facilità? “Ho il vantaggio di avere molta fantasia – spiega - Personaggi, sceneggiate, interpretazioni scorrono nella mia mente come in una sequenza filmata. Forse anche perché sin da ragazzo seguivo con interesse i film d’avventura proiettati nei cinema di Rimini. Non ne perdevo uno, in un giorno ne vidi perfino tre! Non avevo mai i soldi del biglietto: al Fulgor entravo allungando un toscano, che prendevo ‘in prestito’ da mio padre, a Maciste, la maschera del cinema; al Savoia (poi Supercinema) entravo nel bar e al momento propizio svicolavo su di corsa in galleria. Tutti quei film hanno sempre stuzzicato la mia fantasia coinvolgendo i sogni che facevo ad occhi aperti. E comunque ho seguito i consigli di due maestri d’eccezione: Liliano Faenza e Gianni Quondamatteo. Il primo è il capostipite degli autori di commedie in dialetto riminese: la sua “Stal mami”, del 1939, si può definire un testo scolastico col quale ogni autore si confronta ancor oggi. Quondamatteo leggeva tutti i miei copioni e mi dava le dritte giuste, consigli preziosi che mi sono ancora utili.” E per il futuro? “Ho sempre la paura di lasciare incompiuto qualche copione, di non riuscire a finirlo. E d’altronde. quando ne termino uno, mi viene un senso d’angoscia, sento che mi manca qualcosa e per un po’ di giorni vivo una dimensione vuota. Per fortuna arriva presto una nuova ispirazione e le rotelle della creatività ricominciano a girare.” Alcuni versi della sua poesia “Invece me” spiegano ancor meglio quest’ultimo concetto e chiamano al cuore un sincero augurio di lunga salute per il nostro autore: “Scriv u m’fa ste bein, e sa stàg bein a scriv (scrivere mi fa stare bene, e se sto bene scrivo)”.
Un brindisi alle prossime quaranta commedie!

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