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La cucina di Cristella: oggi cassoncini con le erbe di campagna

“E’ la stagione giusta per una bella passeggiata in campagna, con coltellino e cesto al seguito, per raccogliere le erbe commestibili.”

Beh, lo confesso: questo è rimasto, per ora, solo uno dei tanti “buoni propositi”. Ma avendo da tempo in mente un progetto culinario del sabato ben definito (cioè, avete presente quando una, stressata dal lavoro d’ufficio della settimana, nel week end si rilassa pulendo casa e cucinando a più non posso?), le erbette le sono andate a comprare dal mio amico Andrea, il fruttarolo poeta di Viserba.

Già scelte, una bella sportina piena. Sono solo da pagare, lavare e cucinare.

Quindi, attrezzata con tulìr, s-ciadùr e parananza, ecco che mi sono rilassata preparando per il web i miei “cassoncini romagnoli di primavera“.

 

 

 

 

 

 

Premetto che, rispetto alla preparazione dei classici cassoni (che uno da solo è una porzione che fa cena) si impiega un po’ più di tempo. Si tratta, infatti, di una versione mignon, adatta anche per aperitivi o merende della tradizione.

Come mostrano le foto ho usato due farciture diverse: una con le erbe e l’altra con pomodoro e mozzarella. Ma le varianti possono essere altre: salsiccia e patate, erbe e formaggi, eccetera eccetera.

Certo che il classico dei classici, quello che ricorda il sapore di mamma e di infanzia, rimane quello con le erbe di campagna e con solo rosole.

Ecco, dunque, la mia ricetta, documentata con foto.

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Perché certe cose succedono solo in dialetto…

Certe cose succedono solo in dialetto” diceva Raffaello Baldini a chi gli chiedeva perché si ostinava a scrivere poesie in tale lingua e non passasse invece all’italiano.

E’ vero. Il dialetto è la lingua della pancia, quella che viene fuori spontaneamente quando ci arrabbiamo o ci emozioniamo… E’  “lingua madre” in senso puro.

La pensa così anche Francesco Gabellini, Continua a leggere

Par san Marten ogni most l’è ven: il calendario del contadino

Proverbi e modi di dire che in pochi ormai ricordano, frasi rimate, frutto di saggezza popolare e antica, che scandivano stagioni di vita e ritmi di lavoro, che indicavano persone e situazioni. L’ispirazione veniva da tutte le attività, con preferenza per le quotidiane.

Innumerevoli i modi di dire romagnoli che hanno per soggetto la vigna, che fino a qualche decennio fa rappresentava, insieme al frumento, la coltura fondamentale. Forse perché, molto semplicemente, la gioia del contadino era “gran garnid e vida in fior” (grano in spiga e vite in fiore), che significavano pane e vino assicurati.

Il contadino “cervello fine”, si sa, non dava tanta importanza alle apparenze, sicuro che… “bèla vegna e poca uva” (bella vigna e poca uva).

San Martino e san Giovese: loro sì, che se ne intendono!

La coltivazione della pianta, la vendemmia, la svinatura e tutte le altre attività ad esse legate erano  regolate dall’avvicendarsi delle stagioni, secondo un calendario affollato di Santi, ma anche da numerose superstizioni.

L’uva inchev d’maz l’ha da fiurì Continua a leggere

Vieni in vacanza a Viserba e camperai 110 anni

 

Una donna minuta, dal sorriso dolce e la lingua sciolta. La signora Maria Giovanna Giudice ha la vista velata, ma la parlantina non le manca, anche se si esprime solo in dialetto.
“L’italiano lo capisce, ma non lo parla”, traduce la nipote Valeria, 65 anni, figlia unica dell’unica figlia. Da 25 anni Valeria e il marito Giancarlo sono gli angeli custodi di questa nonna da record.
Sì, perché Giovanna, ex staffetta partigiana residente a Lumellogno, frazione di Novara, coi suoi quasi 110 anni è di certo una delle italiane più anziane. “Nella nostra provincia è la seconda – spiegano i nipoti – C’è una signora di Verbania che ha 111 anni. Però lei è in ricovero, vuoi mettere?” Giovanna, invece, vive a casa sua.
“Curata come una principessa”, sottolinea chi la conosce.  scusate se è poco!
E’ nata il 28 settembre 1901, sotto Papa Leone XIII, primo anno del regno di Vittorio Emanuele III. Tempi duri, col 50% di italiani occupati in agricoltura e tanti costretti ad emigrare. Un quotidiano costava 5 centesimi di lira, un litro di latte 13 centesimi. Chi immaginava, allora, di vedere un uomo sulla luna?
Sabato, all’ora dell’aperitivo, Cristella ha incontrato la super nonna all’hotel Aurora di Viserba (che ha una bella storia, vedi immagini d’epoca sul sito del’associazione Ippocampo Viserba), che da dieci anni è la meta per i suoi quindici giorni di relax in riva al mare Adriatico. Qui, inutile dirlo, è la mascotte di tutti, dai gestori ai clienti.
Ma perché ha scelto Rimini? Continua a leggere

Come una favola: i nonni raccontano ai nipotini la tratta viserbese

Pesca alla tratta a Viserba. 4 settembre 2010

Eccoli: Rolando, Neri, Italo e gli altri. Sorridenti e orgogliosi, coi capelli bianchi che mettono in evidenza l’abbronzatura, i calzoni rimboccati, la cintura col crocco stretta in vita e le lunghe reti da tirare in gruppo nell’ondeggiare ritmico scandito da una voce che li guida.

Sono solo alcuni dei bravi nonni, esponenti storici della marineria viserbese, che mercoledì pomeriggio, dalle 15, regaleranno un sipario sul passato mettendo in scena sulla spiaggia dei bagni 37 e 38 di Viserba la tipica pesca “alla tratta”, metodo in uso fino a una cinquantina di anni fa e poi non più permesso. Spettacolo offerto ai turisti ma, soprattutto, ai propri nipotini. Continua a leggere