Lgbt, Chiesa cattolica, sacerdoti accoglienti…

Le persone transgender e il loro rapporto con la Chiesa.
Un argomento delicato e di stretta attualità, di cui si è discusso il 4 luglio durante un incontro organizzato dalla parrocchia di Viserba Mare nell’ambito del ciclo estivo I Lunedì di Viserba.

In piazza, senza nascondersi, col pubblico che poteva liberamente accedere.

Anche il vescovo di Rimini Francesco Lambiasi ha partecipato, in prima fila tra il pubblico, dimostrando interesse e concludendo col suo saluto.
Presenza non affatto scontata, ma decisamente significativa. Come coraggiosa è stata la scelta del parroco, don Aldo Fonti, di promuovere un approfondimento sulla condizione difficile e conflittuale vissuta da chi, credente o non credente, fa parte di quelle che papa Francesco definisce “periferie esistenziali”. Non solo transgender e transessuali, ma tutto un arcobaleno di realtà, uniche e variegate, che viene universalmente definito come “mondo Lgbt”.

Qualcosa di più di un acronimo – è stato ribadito durante la serata – ma persone, individui, figli, amici, vicini di casa, colleghi…”

I relatori invitati a Viserba non sono nuovi a questi temi: il giornalista Luciano Moia, autore del libro Figli di un Dio minore? Le persone transgender e la loro dignità (che era anche il titolo della serata) viene definito “la firma arcobaleno d’eccellenza di Avvenire”, quotidiano presso cui ha il ruolo di caporedattore, nel senso che spesso si occupa di tematiche Lgbt. Con lui, il gesuita padre Pino Piva, che si occupa della “spiritualità delle frontiere” approfondendo anche i rapporti della chiesa cattolica con le persone omosessuali.

Lambiasi ha ringraziato per la scelta del tema così scottante, ribadendo che “per il fatto stesso che tu sei al mondo, fratello/sorella, tu sei unico e irripetibile. Nessuno va discriminato per l’orientamento sessuale: tutti vanno accolti con rispetto.

In definitiva: una Chiesa col volto di mamma, che comprende, accompagna e accarezza.

Dando voce al pubblico presente, non è mancata una contestazione (“Se un uomo è diventato donna, per me è sempre uomo. Non posso chiamarlo ‘donna’, perché non posso dire bugie” – cit -).

Grazie a Dio (è il caso di dirlo), altri spettatori hanno presto controbattuto, con motivazioni decisamente più sensate.

Chi volesse ascoltare la diretta del dibattito, può trovarla nella pagina Fb della parrocchia di Viserba Mare.

Ho scritto anche un breve articolo per il settimanale cattolico di Rimini Il Ponte.

Allora. Preciso di non avere una preparazione scientifica sull’argomento. Posso solo affermare che le “persone arcobaleno” che incontro e che ho incontrato nella mia vita mi hanno sempre suggerito un sentimento di comprensione e apertura. Sindrome della mamma dal cuore grande? Forse.

Mi sono emozionata, qualche anno fa, guardando in Tv l’inchiesta Storie del genere: per alcune puntate ho proprio pianto, vedendo la sofferenza di donne e uomini, di tutte le età, di fronte alla loro “insicurezza di genere”.

E’ tutto bianco o nero? Anzi “fiocco azzurro o fiocco rosa?” Nient’affatto! Le cose non sono mai così semplici e distinte.

Recentemente ho letto un libro che mi ha aiutato a capire: Questioni di un certo genere che si presenta proprio così: “Fiocco azzurro o fiocco rosa: tutte le persone vengono divise tra due gruppi alla nascita, o ancora prima, in base alla forma dei propri genitali vista in un’ecografia. Le cose però non sono mai così semplici e concluse, e per capirle meglio abbiamo cominciato a distinguere sessi e attrazioni sessuali prima, e identità di genere poi. Insieme a queste distinzioni sono arrivate nuove parole – come «bisessuali», «LGBTQIA+», «transgender» e «cisgender» – e nuovi dibattiti.

Infine, pensandoci bene, ho ricordato che anche in passato mi sono occupata dell’argomento: ricordo una bella intervista, presso la sede della Regione Emilia-Romagna, a Marcella di Folco (saranno più di vent’anni!) e un post del 2007, uno dei primi di questo blog, che raccontava un incontro avvenuto in ufficio e la nascita dello sportello Nuovi Diritti presso la Cgil di Rimini.

E, last but not least, la bellezza del coro Lgbt di Wellington (New Zealand) The Glamophones (“a friendly mixed community based choir welcoming anyone who wishes to sing“), che ho avuto la fortuna di ascoltare e di cui conosco molti componenti, a cui voglio molto bene! Non a caso, la loro sede, per le prove e per molti concerti, è presso una chiesa (protestante).

The Glamophones

Scusate la lunghezza, se siete arrivati fin qui, potreste anche lasciare un commento qui sotto, vero?

Grazie! Thanks!

Mum Cristella

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