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Vescovi che vanno, vescovi che vengono: a Rimini ci vorrebbe monsignor Quinto Fabio Massimo…

Il 15 settembre prossimo monsignor Francesco Lambiasi, nominato vescovo di Rimini il 3 luglio, si insedierà in diocesi facendo il suo ingresso ufficiale accolto dalle autorità e dai cittadini.
Nelle ultime settimane si è scritto e parlato molto dell’avvicendamento ai vertici della Curia, tra molti “si dice” e tante vecchie storie tirate fuori da armadi impolverati.
Da parte mia, tanta curiosità (come sempre quando affronto “il nuovo”) e apertura all’accoglienza.
I vari commenti di personaggi pubblici sul cambio di testimone fra monsignor De Nicolò e monsignor Lambiasi sono tutti super-capolavori di diplomazia…

Il vescovo Mariano l’ho conosciuto personalmente nel 1996, ai tempi della “vertenza” (proprio così, una vertenza giuridica, essendo legata ad alcuni articoli del Codice di Diritto Canonico mai applicati prima nelle diocesi di Rimini e di Cesena), della Sanatio in radice del mio matrimonio civile con Paolo (una bella “storia nel cassetto” che mi piacerebbe pubblicare, prima o poi), di cui ho accennato nel racconto Giornalista per caso, riportato in About me.

Dopo il primo approccio piuttosto burrascoso, con monsignor Mariano s’è creato un bel rapporto di rispetto (immagino reciproco), forse anche grazie al fatto che nonostante i primi dinieghi il Vescovo ha poi compreso la richiesta a cui tenevo tanto, facendosene latore presso la Santa Sede che ha validato anche religiosamente la mia unione con il “non credente” Paolo, permettondomi così di accedere ai Sacramenti senza bisogno di sotterfugi (eh, sì, qualche sacerdote proponeva queste “scorciatoie”).

Il ruolo di pensionato, secondo me, a monsignor De Nicolò va un po’ stretto… Come figlia, gli auguro di vivere con serenità questa nuova fase della sua vita.
Per quanto riguarda monsignor Francesco Lambiasi, mi incuriosisce la sua opera di scrittore: avrò tempo per aggiornarmi procurandomi qualcuno dei suoi libri. Ho anche trovato in rete un bel ritratto scritto da Sergio Andreatta, suo amico di lungo corso.
Cosa ci si aspetta in diocesi dal nuovo Vescovo?
Su questo argomento delicato ho chiesto il parere di un “addetto ai lavori”, il mio maestro di scrittura e giornalismo che, come suo uso, ha risposto a stretto giro di posta, andando a scomodare il Quinto Fabio Massimo del titolo (sulla passata gestione ha già scritto su La Piazza della Provincia, mensile di informazione locale).
Don Piergiorgio Terenzi, dal suo buen retiro di Montefiore Conca, inizia così una collaborazione con Cristella.it: in Romagna e dintorni del sito troveranno spazio i suoi interventi su argomenti d’attualità socio-religiosa. Scritti con la sua inseparabile Olivetti lettera 22 e corretti con la scolorina.
Il necessario lavoro di copiatura su file di word, affatto noioso quando si tratta di parole scritte da Piergiorgio, aiuta Cristella a mantenere il feeling col maestro lontano.

Quante Shpresa ancora?

A proposito della 39enne uccisa a coltellate dal marito, giovedì alle sette di mattina in viale Regina Elena a Rimini, le colleghe Alessandra Nanni e Monica Raschi, su Il Resto del Carlino di oggi, scrivono:
“Per Shpresa nessuno può fare più niente. Ma anche la sua, come molte altre prima, è stata forse una morte annunciata. I dati della polizia confermano che i maltrattamenti alle donne sono aumentati anche nella nostra provincia. Mogli che finiscono all’ospedale gonfie di botte, ma che spesso non trovano il coraggio di presentare una denuncia. L’ultima è una riminese a cui il marito ha quasi dato fuoco. Sono stati i medici dell’ospedale ad avvertire la Polizia, ma lei si è rifiutata di accusarlo e gli investigatori sono riusciti a metterlo sotto processo solo perché l’ha fatto davanti ai bambini. E in questo caso la legge scatta molto più velocemente. Senza una denuncia nessuno può muovere un dito. E se c’è, deve trattarsi di cose veramente gravi o eclatanti, perché il marito brutale o l’ex trasformatosi in persecutore venga messo in condizioni di non nuocere. Ma anche in tal caso si va talmente per le lunghe che si rischia di finire come Shpresa. Lacune legislative e un vuoto di servizi di cui si parla molto, ma senza grossi risultati.”
“Il progetto Dafne, attivato dall’Ausl riminese e diretto da Maria Maffia Russo, prevede una serie di aiuti alla donna – maltrattata, violentata fisicamente e psicologicamente – ed eventualmente ai suoi bambini, compresa l’ospitalità in una casa-famiglia protetta. Sui 136 casi di abusi denunciati a Dafne nel 2006, ben 131 sono accaduti all’interno delle famiglie e l’aguzzino era o il coniuge o il compagno. Le donne straniere ammontano alla metà. L’età delle donne che hanno denunciato le violenze va dai 21 ai 35 anni, con un picco attorno ai 35. Quello che caratterizza tutte queste donne, sia italiane che straniere, è il fatto di venire isolate dall’uomo, che impedisce loro di avere contatti con familiari ed amici.
Da qui l’importanza di un luogo al quale rivolgersi in caso di aiuto.
Questi i numeri di telefono in caso di bisogno:
a Rimini 0541 747604, a Riccione 0541 698722.”

Non mi sento di aggiungere molto altro a quanto scritto da Alessandra e da Monica (sulla violenza alle donne ho già inserito i post Doppiadifesa.it e La sorella di Shakespeare).

Solo un grazie per aver dedicato due pagine del giornale ad una informazione seria, veramente utile socialmente. Ce n’è bisogno più di quanto si voglia credere. Qui e adesso.

Nella nostra Rimini, con le sue luci e le sue (tante) ombre…

Il corpo che ride

Io ci sarò.

Fra i tanti appuntamenti dell’iniziativa “Le spiagge del benessere 2007” ce n’è una che mi intriga particolarmente.
Al bagno 67 Tortuga Beach di Rimini, verso le 17 di lunedì 16 luglio si terrà un incontro intitolato “Il corpo che ride”, durante il quale Ginevra Sanguigno presenterà il suo ultimo libro.
Ho conosciuto Ginevra due anni fa, quando ho partecipato ad un corso della durata di un fine settimana organizzato dall’ Istituto Oncologico Romagnolo, onlus di cui sono volontaria.
Ginevra era la docente: con naso da clown ed abbigliamento in tono, per due giorni ha insegnato a ridere, saltare, toccare, accarezzare, guardare dentro sé stessi per vedere meglio anche chi ci sta accanto.
Ma “insegnare” forse non è la parola più giusta: non c’è alcunché da imparare… Soltanto qualche ingranaggio arrugginito per il poco uso da rimettere in moto.
Ridere è una ginnastica fisica, psichica ed emotiva. Ridendo si mobilitano fasce muscolari profonde, il cervello viene distratto dalla sua attività. Emozioni e pensieri negativi perdono così di potere”, si legge nella presentazione che Ginevra propone nel sito dell’associazione Clown One Italia.

San Francesco giullare di Dio, nella visione di Dario Fo, era un clown santo viaggiatore e guaritore.
 
Il primo approdo di Ginevra a Rimini ha poi prodotto un effetto a catena, arrivando a portarci il suo maestro Patch Adams (quello vero, il dottore americano che ha ispirato il famoso film) grazie anche all’interessamento di Patrizia Buda, psicologa dello I.O.R., e del sindaco Alberto Ravaioli, medico oncologo.
Il 20 e il 21 febbraio di quest’anno c’ero anch’io fra gli allievi di Patch.
Il naso rosso da clown che ho usato in quei giorni è sempre in borsetta. Vederlo e toccarlo, anche casualmente mentre cerco le chiavi di casa o il portafoglio, mi fa ricordare che “devo” ridere più spesso.
Nel parterre del Palazzetto dello Sport, senza scarpe come gli altri mille, per un pomeriggio intero mi sono lasciata guidare dal grande Patch in un percorso di conoscenza che mai avrei pensato di fare.

Dire “ti amo” ad un perfetto sconosciuto, abbracciare e farsi abbracciare, guardare negli occhi un altro e raccontargli “perché oggi sono felice”…
Insomma, chi guardava la scena da fuori pensava di sicuro ad una banda di matti.
Eppure, Elisa, la ragazzina di Riccione che mi è capitata per ultima come compagna sconosciuta, s’è messa a piangere dall’emozione, quando Cristella le ha sussurrato, mani nelle mani, la favola vera della regina triste…
Sai, Elisa, ora Cristella s’è tolta gli occhiali dalle lenti di lacrime. E sorride più spesso, perché ha imparato che dietro le nuvole più nere, il sole, comunque, c’è.”
Lunedì, spiaggia numero 67, Ginevra Sanguigno, alias Clown Gin Gin.

La sindrome da frigorifero vuoto

Che c’è in frigorifero? E in dispensa?
Alzi la mano chi non ha mai vissuto quell’attimo di panico da cena non pre-organizzata. Capita anche alle migliori casalinghe, prima o poi, di arrivare a casa senza aver avuto il tempo di fermarsi per la spesa.
Di solito vengono in aiuto, almeno qua in Romagna, le confezioni di piadina precotta e un po’ di prosciutto e salame (altri tempi, quando la mamma quasi ogni sera riusciva a preparare la piadina impastando acqua e farina in un battibaleno e la farciva con radicchi e cipolla appena presi dall’orto…).
Oggi è Dora, il mio webmaster attualmente a Tor Vergata, che insegna a me, genitrice-aspirante arzdora, un piccolo trucco che, manco a dirlo, è frutto delle nuove frontiere internettiane.
C’è un sito in lingua inglese, Cooking By Numbers, che viene in aiuto a chi venga preso dal panico da “Oddio, cosa cucino, questa sera?”.
Ti chiede: “Cosa c’è nel tuo frigorifero? E nella tua dispensa?”
Tu indichi, spulciando nell’elenco proposto, quali ingredienti hai a disposizione.
Farina, uova, latte e nient’altro? Clicca sul tasto “Find recipes”. Ok, ti dice, puoi preparare l’omelette base. Poi in casa avrai di sicuro qualcos’altro per arricchirla e farla diventare, chessò, un’omelette al formaggio o un’omelette al pomodoro…
E’ carino. Simpatico per imparare ricette nuove, ma anche per fare un piccolo ripasso di inglese.
Very nice, isn’t it? Thanks to Dora!

Il mio tempo? Lo metto in banca

E’ l’amico Lino, col suo commento di oggi, a farmi ricordare che è proprio ora (è il caso di dirlo…) di parlare della Banca del Tempo.

Lino, giovane pensionato con l’hobby della fotografia, giovedì sera, alla festa organizzata per i bambini del quartiere Celle, ha scattato tantissime fotografie e me ne ha inviate qualcuna (io sempre in dieta e lui mi ha colto mentre mangio lo zucchero filato, quel dispettoso!). Le foto, per me, sono “a gratis”. Anzi, no: gli darò un assegno di un’ora staccato dal mio librettino verde, quello della Banca del Tempo del Quartiere 5, di cui ambedue siamo soci. Già ne ho parlato nella favola della Regina Cristella, di questa bella realtà. Qui di seguito aggiungo particolari.

Per i prossimi giovedì di luglio, quindi ancora per tre serate, grandi e piccoli sono invitati a “La Festa è Mia“, sul piazzale del supermercato Coop I Portici, alle Celle di Rimini.

Vi spiego la Banca del Tempo

Una volta c’era il “buon vicinato”. Famiglie allargate, borghi e quartieri dove aiutarsi l’un l’altro era regola: sorelle, zie, cognate e vicine sempre disponibili nello scambio di piccoli favori per la cura dei bambini e nei lavori domestici. Altrettanto per gli uomini: nei campi o nella manutenzione di casa e degli attrezzi lo scambio era normale. Altri tempi. Oggi le famiglie si sono ristrette, non si conosce neppure il vicino di pianerottolo e non si dà niente per niente. Come se non bastasse, la vita quotidiana, coi suoi ritmi frenetici, richiede sempre più tempo. Le prime Banche del Tempo sono nate proprio per rispondere ai nuovi bisogni dei cittadini del XX secolo. Inizialmente nei paesi nordeuropei, poi anche in Italia. La Romagna ha fatto da battistrada, nel 1995, con l’esperienza di Santarcangelo, prima in assoluto in Italia. Le donne della Commissione Pari Opportunità del Comune diedero vita a un sistema di scambio basato sul pagamento di tempo contro tempo, facendo così rinascere il senso di solidarietà e di reciproco sostegno sui quali si fonda la vita di ogni comunità. Un’idea in certo senso rivoluzionaria, allora nuova per l’Italia, ma che era già nota all’estero: in Gran Bretagna si parlava di LETS (Local exchange trade systems), mentre in Francia si chiamavano SEL (Systèmes d’echanges locaux). Negli anni successivi sono nate molte Banche del Tempo, di solito su iniziativa di Comuni, sindacati, associazioni, parrocchie, scuole. Gli ultimi dati di Tempomat, l’Osservatorio Nazionale sulle Banche del Tempo, indicano più di 300 realtà censite, una quarantina delle quali in Emilia-Romagna. Conti correnti in ore Si tratta di banche vere e proprie, con blocchetti di assegni da staccare e conti correnti da mantenere possibilmente in pareggio. Dare ed avere, colonne di una contabilità gestita col sorriso sulle labbra, perché se anche si dovesse finire in rosso non si verrà presi dal panico: si rientrerà con tranquillità. Chi si iscrive deve dichiarare la propria disponibilità a scambiare prestazioni e servizi con gli altri soci. Si può trovare chi aiuta a fare il cambio del guardaroba, chi dà lezioni di inglese o di informatica, chi accompagna il bimbo a scuola, chi redige un testo al computer, chi fa la fila per te dal dottore o all’ufficio postale. Non si è obbligati a restituire il favore ad una persona specifica: la Banca fa da tramite e cura la contabilità. Leonina Grossi, coordinatrice delle Banche del Tempo di Rimini, racconta i primi passi della realtà locale, quasi dodici anni fa. “L’iniziativa venne da alcuni componenti del Comitato di Gestione ai Servizi Sociali del Consiglio di Quartiere 5 che, con i suoi 28.000 abitanti, è il più popoloso della città. Marina, Luana, Daniela ed io pensavamo che forse, per creare buone relazioni e considerando che non disponevamo di grandi risorse economiche, avremmo dovuto e potuto investire in risorse umane. Sapendo dell’esperienza della vicina Santarcangelo, eravamo certe che dalle piccole necessità sarebbero potute nascere grandi amicizie e qualcosa di buono anche per chi non avrebbe aderito alla banca. Il Quartiere, su nostra richiesta, deliberò la messa a disposizione dei locali, del telefono e di un po’ di materiale di cancelleria. Risorse economiche arrivarono dall’Assessorato alle pari Opportunità del Comune. All’inizio eravamo solo undici iscritti. Poi, un po’ alla volta, ciascuno di noi portò qualche amico. Alla fine del 1997 eravamo già quaranta; oggi circa centoventi, di ogni età, professione e colore. Accanto alla prima Banca del Tempo è presto nata, infatti, anche una Banca Interetcnica, espressione delle tante nazionalità integrate nel nostro Quartiere.” Entusiasmo e belle esperienze non facciano dimenticare le piccole difficoltà che si incontrano in qualsiasi tipo di organizzazione: per nascere, crescere e vivere, la Banca del Tempo necessita di amore, pazienza e grandi incoraggiamenti per le persone che ne sono le fondamenta. Ci sono alti e bassi, come in tutte le fasi della vita, ed è molto importante, per chi voglia iniziare una simile avventura, mettere in conto una buona dose di perseveranza. “Negli anni – continua Leonina – abbiamo avvicinato e conquistato persone con entusiasmo e voglia di fare che si traducevano in realtà: ciascuno ha capito di essere importante ed ha avuto l’opportunità di proporre, partecipare, contare. Senza emarginare nessuno, perché ogni offerta è accolta come grande risorsa. E’ una delle prime regole su cui si basa il sistema: l’ora impiegata dalla casalinga per preparare una torta vale quanto quella del professionista che offre una consulenza. Si tratta, in ogni caso, di sessanta minuti di vita.” Un bell’esempio di scambio Qualche anno fa la nostra amica Amanda, originaria della Colombia, riuscì a convincere il marito Nello, a cui era già legata con rito civile, ad accompagnarla anche nel matrimonio religioso. Per lei, credente praticante, era una festa dal valore inestimabile e avrebbe voluto, per l’occasione, fiori, abito bianco, musiche, rinfresco… Durante una riunione della Banca del Tempo, nell’invitarci alla sua festa, ci disse anche di questo desiderio, che tale sarebbe rimasto a causa delle tasche non proprio piene di quel periodo. Ebbene, sapete qual è stato il regalo per Amanda? Una festa come Dio comanda. Daniela, pittrice ed appassionata di bricolage, s’è occupata della decorazione floreale della chiesa e della sala per il rinfresco, Andrea ha suonato la chitarra ed ha cantato durante la cerimonia, mia figlia Cinzia ed io abbiamo preparato chili di tartine, Federica una mega-macedonia, mio marito Paolo e l’altra figlia, Dora, hanno fatto da camerieri per tutti gli invitati, Leonina ha stampato al computer le partecipazioni ed il menu, Claudia e Marina hanno confezionato bomboniere con ago e uncinetto… Insomma, tutti hanno messo qualche ora del loro tempo per organizzare quella che è diventata una festa indimenticale. Amanda ha staccato, per ciascuno di noi, un assegno corrispondente alle ore impiegate. Il costo di fiori, cibo, carta e materiale vario rientrava nel regalo che gli amici le avrebbero comunque fatto. Amanda non ha speso nulla. Per qualche mese, però, ha cercato di mettere in pari il suo conto corrente tenendo lezioni di spagnolo che gli allievi-soci le hanno pagato con assegni in ore, o aiutando la segreteria della Banca del Tempo per telefonate o lavori vari, venendo sempre remunerata in ore.

Per altre informazioni sulle Banche del Tempo:
Banche del Tempo del Comune di Rimini
Regione Emilia-Romagna
Tempomat. Osservatorio Nazionale sulle Banche del Tempo