Se l’accoglienza è targata RN

E’ terminato ieri il viaggio sul Po dei giornalisti Michele Marziani e Stefano Rossini. In barca e in bicicletta: itinerario raccontato con dovizia di particolari nei loro blog (Appunti di viaggio, quello di Michele, è linkato qui a destra).
Per fortuna l’ultimo post di Stefano, che porta la data del 6 giugno, risolleva un po’ l’idea non proprio positiva che mi ero fatta sull’ospitalità di quelle zone.
“L’ospitalità è stata davvero importante – scrive Stefano – Senza l’aiuto della strada dei vini e dei sapori della Lombardia, quella di Reggio Emilia, gli enti e le persone che ci hanno offerto il loro aiuto gratuitamente (l’associazione Random in testa, senza la cui barca non saremmo neanche partiti) saremmo probabilmente arrivati in Croazia convinti di scoprire antiche culture padane.”
Ma il 2 giugno la prospettiva, oltre che molto bagnata, era di questo tono:
“Oggi la stanchezza mi ha colpito con la pioggia e il freddo. Mi sentivo come il protagonista di un libro di avventure, come Frodo Baggins, che nonostante tutte le avversità continua il suo viaggio. Così, lasciata la barca a Bagnolo S. Vito, questa mattina, alle 7 e 30, ci siamo messi a pedalare verso Guastalla. Sotto un cielo basso e infingardo i corvi gracchiavano sui rami. Ho deciso che il prossimo viaggio lo faccio in novembre, magari trovo una settimana di sole.
La colazione è circondata da un gruppo di musoni da bar, tipici abitanti della bassa padana mantovana che ti buttano addosso tutta la loro ostilità. Verrebbe voglia di ripartire subito, ma un acquazzone ci blocca. Solo dopo mezz’ora lasciamo il tempio della mestizia verso la prima stazione ferroviaria, convinti ormai che sia difficile continuare anche in bici. Ma la fermata di Pegognaga è squallida e deserta. Pegognaga. Già il nome ricorda quel gnègnègnè che si fa con stizza verso chi ci sta antipatico. Giovedì abbiamo navigato nove ore senza incontrare anima viva. Oggi è il paese ad essere abbandonato. Sembra di perlustrare una zona colpita da una devastazione atomica o da un’epidemia. Tutto è vuoto, chiuso, disabitato. In mano a Romero la pianura padana sarebbe un ottimo set per un nuovo film di zombi.”
Ho immaginato la scena “trasportata” dalle nostre parti.
Due giornalisti arrivano alla foce del Marecchia in barca, per poi perlustrare il territorio riminese in bicicletta, con l’intenzione di dare al loro viaggio un senso di ricerca cultural-gastronomica che verrà debitamente documentata…
Atto primo: il sindaco Alberto Ravaioli organizza un comitato d’accoglienza e nel corso di una conferenza stampa omaggia i viaggiatori col manifesto balneare di Pablo Echaurren. Secondo: il vice Maurizio Melucci sfida i due giornalisti ad una partita a biglie sulla spiaggia – manco a dirlo, del Bagno 26 – mentre il bagnino Gabriele si fa fotografare ed intervistare almeno venti volte. Terzo: Andrea Gnassi, assessore provinciale al turismo, regala una maglia ai due ciclisti (maglia rosa, naturalmente…) e, quarto, Massimo Masini, presidente di Aeradria, scrittura una band per accogliere i due a suon di musica… (Ricordate l’arrivo con un’ora di ritardo del primo volo da Parigi? Turisti stravolti e scocciati per il raddoppio dei tempi del loro viaggio, guardavano piuttosto stupiti i musicisti jazz chiamati da Masini sulla pista d’atterraggio…).
Insomma, per farla breve, qui a Rimini è tutt’altra cosa…
Qualcuno può sospettare che la calda “accoglienza al forestiero” non sia totalmente spontanea, ma in parte dipendente dal core business di tutta la Riviera…
Fa niente.   
Son contenta di essere romagnola.

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