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Lo capisco, ma non lo parlo

Segnalo un’interessante iniziativa che si terrà fra una decina di giorni a qualche chilometro da casa mia, a Bellaria-Igea Marina.
Ascoltalamiavoce è una serie di incontri dedicati alla lettura ad alta voce.
Intrecci di parole che nascono integrando due luoghi di cultura quali la biblioteca e il teatro. La biblioteca in quanto luogo per eccellenza che raccoglie e custodisce i libri. Il teatro come spazio dedicato alla recitazione e alla messa in scena. Autori e attori, scrittori e dicitori, poeti e menestrelli.
I primi due incontri si sono già tenuti il 27 settembre e il 3 ottobre, con Lella Costa e Mariangela Gualtieri. Ne restano altrettanti: oltre a quello dell’11 e del 12 ottobre (dal titolo “Viaggio Sentimentale”, letture dal Sudamerica, con Eugenio Allegri), mi piace segnalare l’ultimo, che vedrà protagonista Ivano Marescotti.
Già il titolo è decisamente familiare:Non lo parlo, ma lo capisco.
Chissà quanti miei coetanei, appartenenti alla generazione degli anni ‘50/’60 (quella che ha segnato il passaggio dalle campagne alla marina, dalla miseria al benessere) hanno ripetuto questa frase riferendosi al dialetto…
Al capés, sé. Ma a zcòr a faz réid (Lo capisco, sì. Ma a parlare faccio ridere).
Domenica 17 ottobre, alle 17, Marescotti proporrà una sintesi di quanto ha interpretato negli ultimi anni nei suoi spettacoli in dialetto romagnolo. Tra l’altro, Ivano leggerà poesie di autori quali Tonino Guerra, Nino Pedretti, Olindo Guerrini (Stecchetti), Walter Galli. Non mancherà, naturalmente, il piatto forte: il grande e indimenticato Raffaello Baldini.
Ma altrettanto interessante sarà anche il seminario che verrà guidato dallo stesso Marescotti nelle giornate di sabato (dalle 15 alle 19) e di domenica (dalle 9 alle 13). Il titolo è sempre “Non lo parlo, ma lo capisco”, racconti e poesie di autori dialettali romagnoli.
“Rivolto a coloro che nutrono per la scrittura dialettale romagnola una curiosa passione”, recita la locandina.

Marescotti in scena
Come potrebbe, Cristella, restare indifferente ad una simile tentazione?
Naturalmente, da brava inviata, prenderà appunti e vi racconterà…
Av salut!

N. B.
Altri eventuali curiosi interessati alle iniziative possono chiedere informazioni sul programma e sulle iscrizioni presso la
Biblioteca Comunale
viale Paolo Guidi-Isola dei Platani – Bellaria
Tel. 0541 343889
www.teatroastrabim.it

La vetrina dell’Eugenia

Restyling e ammodernamenti, questi sconosciuti.

Per chi è di Viserba, l’edicola dell’Eugenia è quasi un’istituzione.

Io le conosco da appena 25 anni, ma penso che loro siano così da sempre. Tutte e due: lo storico (è il caso di definirlo così) negozio nella piazza principale della cittadina, proprio sul lungomare, e la sua altrettanto storica e consolidata proprietaria, Eugenia Zanzani.

Da tempo immemorabile nulla è cambiato.

All’interno gli scaffali e i banconi sono di legno… ehm… dipinto di grigio chiaro (“effetto scrostato”); all’esterno gli infissi delle vetrine sono in vecchio ferro, arrugginito qua e là. L’Eugenia, da parte sua, indossa lo stesso grembiule a fiorellini, con le tasche stracolme di sigarette e spiccioli, in ogni stagione. Ai piedi, le medesime ciabatte e calzettoni.

Gira voce che prossimamente (non è dato sapere quando) il negozio verrà sistemato e ristrutturato. Quasi dispiace: probabilmente Viserba perderà qualcosa di caratteristico…

Ma, bando alle ciance. Perché oggi scrivo di questa edicola?

L’altro ieri, passando accanto alla vetrina che si affaccia sulla piazza – dopo aver acquistato il mio “pane quotidiano” – ho buttato l’occhio al mio libro, che sapevo prendere polvere sul secondo ripiano da tre-quattro anni, da quando ne portai qualche copia in “conto vendita”. Si sa: per un autore, anche se di periferia come Cristella, è sempre gratificante poter dire a qualcuno o a sé stessi: “Ecco la mia creatura esposta lì, in quella libreria (o edicola, va bene lo stesso…).”

Ma, giuro, quando ho notato il nuovo accostamento coi compagni di vetrina, ho trattenuto a stento una risata… In un primo momento ho proseguito per la mia strada, ma poi non ce l’ho fatta: ricordandomi che in borsetta avevo la nuova fotocamera, sono tornata indietro a fermare l’immagine in un clic.

i due libri in vetrina - settembre 2008

Ebbene sì: il romantico e delicato “Trama e ordito, mamme che tessono la vita” di Maria Cristina Muccioli, l’Eugenia lo ha accostato al manuale di tale Susan Block-Filangeri intitolato “Le 10 regole per dare Piacere a un Uomo”. Sottotitolo: “Le chiavi (sic!) dell’erotismo per una sana vita sessuale”.

A smorzare un po’ l’effetto (o forse a far da collegamento, chissà…) una guida illustrata di Rimini con l’Arco d’Augusto in copertina.

Chissà chi venderà più copie?

Settembre 1944: l’Arco, il Ponte e il sehr geherter Herr Willi…

In questi giorni più di una volta col pensiero sono andata allo stesso periodo d’inizio autunno di 64 anni fa. Tempi conosciuti in parte attraverso i racconti di chi c’era, soprattutto di mia madre e di altri parenti e conoscenti anziani (io sarei nata 14 anni dopo, ma quei giorni hanno influenzato – per forza! – anche la mia vita…).
In copertina: nei pressi dell'Arco d'Augusto un carro armato alleato impantanato nel fango causato dalle abbondanti piogge

Nel settembre/ottobre del 1944 la Romagna, specialmente la zona compresa fra i fiumi Marecchia Rubicone, Savio – la stessa dove sono cresciuta e dove vivo – era sconvolta da piogge torrenziali che aggiunsero tragedia a tragedia, rallentando l’avanzamento del fronte della Linea Gotica. Da una parte i tedeschi che resistevano, dall’altra gli alleati che avanzavano.

Della vicenda tragica riferita alla mia famiglia ho già scritto nel libro “Trama e ordito, mamme che tessono la vita”, ma volendo documentarmi anche storicamente su tale periodo, in queste settimane ho ripreso in mano alcuni libri del professor Amedeo Montemaggi, che alla Linea Gotica ha dedicato una vita di studi e ricerche.

Fra le altre interessanti notizie, mi ha fatto riflettere il racconto del salvataggio, direi “fortuito”, dei due monumenti-simbolo della città di Rimini. Mentre il Tempio Malatestiano venne squarciato e quasi completamente distrutto dai bombardamenti alleati del 29 gennaio 1944, l’Arco d’Augusto e il Ponte di Tiberio si salvarono proprio “per il rotto della cuffia”.

Ecco cosa scrive Montemaggi.
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Zughé s’al paroli

Il libriccino di Fabio e Gianfranco

Louona storta” (luna storta) è un libriccino piccolo-piccolo, che riesce a stare in un taschino.

Gli autori sono due, non nuovi a collaborazioni a quattro mani. Fabio Molari ci mette le parole, Gianfranco Zavalloni i disegni.

Fabio è nato nel 1958 a Montenovo, sulle colline cesenati che si affacciano sulla pianura e sul mare. Maestro elementare, insegna in una micro-scuola a Rontagnano, nel cesenate. Da circa dieci anni agli amici invia gli auguri di Buon Natale e Anno Nuovo con un micro-libro in versi romagnoli e disegni di Gianfranco Zavalloni. “Louna storta” è il suo biglietto d’auguri del 2007.

Anche Gianfranco è del 1958 (ambedue coetanei di Cristella, dunque!). Dopo esser stato maestro di scuola materna per 16 anni, da 12 è dirigente scolastico, oggi titolare a Sogliano al Rubicone, in provincia di Forlì-Cesena. E’ stato direttore scolastico anche a Rimini.

Per approfondire la sua conoscenza, consiglio una capatina nel suo sito: “La scuola creativa” (per una pedagogia della lumaca).

Intanto, vi lascio con una breve poesia sul pane quotidiano di poeti e scrittori.

Al paroli

Al paroli l’é zug.

Tè ta li cièp

ta li mudel cmè che fos tèra.

Ta li pù fae tondi, courti, longhi.

Al paroli al rimbaelza, al saelta

an sta zeti un minud.

le parole

Le parole sono giochi.

Tu le prendi

le modelli come fossero terra.

Le puoi fare rotonde, corte, lunghe.

Le parole rimbalzano, saltano

non stanno zitte un minuto.

Dedicato alle mamme, dedicato alle figlie

Scrivo in una breve pausa fra un’azalea e l’altra.

No, non ho aperto un negozio di fiori: come tutti gli anni mio marito ed io collaboriamo, in qualità di volontari dello Ior (Istituto Oncologico Romagnolo) all’iniziativa che si ripete in tutte le piazze d’Italia in occasione della festa della mamma.

Questa mattina sono stata a Viserba, insieme all’amica Paola, a vendere azalee ai miei concittadini e ad alcuni turisti di passaggio. Fra un’oretta tornerò là. Paolo, invece, fa la spola fra Viserba e Rimini, dove aiuta le altre signore e signorine (!!!!) mettendo a disposizione la sua forza e i suoi muscoli per montare e smontare banchetti e ombrelloni.

L’anno scorso, però, ho mancato al mio impegno.

Domenica 13 maggio 2007, all’alba, nella giornata della festa della mamma, la mia dolcissima mamma Pierina ha chiuso gli occhi per sempre, all’ospedale di Cesenatico, circondata dai suoi quattro figli.

Una mamma speciale (come può una mamma non esserlo?) a cui ho dedicato il mio libro “Trama e ordito, mamme che tessono la vita”.

il saluto di mamma Pierina

Una mamma che sembra aver scelto il giorno giusto per salutarci: il mese di maggio, dedicato alla Madre di Gesù e profumato di rose, una domenica, festa della mamma, 13 maggio (90° anniversario dell’apparizione della Madonna di Fatima).

Credo che ripetere questo mio “impegno” per le mamme con lo Ior, pensando alla solidarietà, alla cura e all’assistenza dei malati, alla ricerca medico-scientifica per il futuro mio e delle mie figlie sia il modo migliore per onorare la memoria di mamma Pierina.

Trascrivo alcune pagine di “Trama e ordito, mamme che tessono la vita”.

Per concludere, dal mio diario, una pagina di vita scritta il 28 febbraio 1986, una giornata storica. Come un nodo doppio ha fissato con forza quel filo partito da mamma Pierina e che continua con Dora e Cinzia, le mie ragazze. “Sono diventata mamma! La gioia di quest’esperienza è indescrivibile: i maschi non potranno mai capire. Sensazioni, brividi, sentimenti quasi impossibili da raccontare. Dora è nata alle otto di questa mattina, dopo un travaglio durato sei-sette ore. Ho sofferto. In certi momenti, quando non riuscivo a controllare le spinte e mi sentivo spaccare in due, ho avuto molta paura ed ho urlato il male con tutto il fiato che avevo in gola. Eppure, ce l’ho fatta anch’io. O, meglio, Dora, con enorme fatica, è riuscita a percorrere il tunnel del parto per affacciarsi al mondo. In un attimo ho dimenticato il dolore: quando ho conosciuto mia figlia. E’ stato meraviglioso! Nell’istante stesso in cui l’ho vista, rossa in viso, braccia e gambe tonde, cicciottina, bellissima, tutta sporca, che strillava strizzando occhi e pugni, ho pensato alla mamma. Lei era fuori nel corridoio, a distanza di qualche metro, a soffrire vicino a me questo passaggio, mentre in sala-parto c’era Paolo, bravissimo assistente. In un attimo ho sentito il legame di figlia: nel momento stesso in cui sono diventata madre. Mi sono passati davanti ventisette anni della mia vita di figlia. Ho risentito le carezze della mamma. Ho ricordato i suoi sacrifici, le difficoltà passate. Quanto ha sofferto quand’ero ammalata! Ho rivissuto una notte in cui la febbre mi faceva delirare, quando avevo circa dodici anni. Sognavo di affogare in un mare calmo e piatto, liscio come l’olio. Da quel liquido immobile mi tirava fuori lei. E lei era lì davvero: tutta la notte sveglia a tenermi la mano e a patire. Stamattina, alle otto precise, i miei occhi hanno rivisto veramente quella notte!

Dora, Cinzia, mamma Cristella