Col cervello? No, le donne ragionano con l’utero

Ancora assonnati, mentre la moka borbotta e il caffè riempie la casa col suo aroma delizioso, verso le sette e un quarto di mattina Cristella e il consorte di solito tengono la Tv sintonizzata su Rai Tre, dove la rassegna stampa quotidiana curata da Rai News 24 apre una finestra sul mondo.

Interessante, senza dubbio, anche se viene ascoltata un po’ distrattamente – data l’ora – mentre ci si prepara alla giornata di lavoro alternando le rispettive postazioni sul percorso bagno-cucina-guardaroba.

Ieri mattina, però, una frase di un giornalista ha fatto trasecolare tutti e due. Non ricordo da quale quotidiano si stava leggendo la notizia (che, comunque, era questa), ma le testuali parole sono state: “il papilloma virus, responsabile del cancro al cervello“.

Il giornalista in questione era di sesso maschile, se qualcuno ne avesse dubitato. Cristella ha cercato lo sguardo del Re consorte, sperando in un cenno di conforto.

“Beh, chiaramente si tratta di un lapsus: per molti maschi voi donne ragionate con l’utero, invece che col cervello…”

Ah sì? Allora ve la siete cercata!

Immagino che i pensieri si trovino più a loro agio nella calda culla di un utero, piuttosto che fra due c….oni!

Buon Natale…

La card di Lia

Ci sono satire di serie A e altre di serie B.

Fra i tanti articoli della scrittrice ormai del tutto riminese Lia Celi – che ho sempre apprezzato, anche quando prende in giro noi, suoi concittadini – questo che trascrivo qua sotto, pubblicato sull’ultimo numero di Chiamami Città, è di primissima categoria.

Oltre che segnalarvi il sito di Lia, tra l’altro super mamma di quattro (dicansi 4!) bellissimi bambini, non faccio altro che suggerirvi la lettura dell’articolo ad alta voce.

Soprattutto le parti virgolettate messe in bocca al Ministvo Tvemonti.

Buon divevtimento, giovani!
Ecco come usare il gadget natalizio più in voga (di Lia Celi)
E tu ce l’hai già la Social Card? La versione aggiornata della tessera annonaria del tempo  che fu si profila come il non-status-symbol più imbarazzante dopo la palla al piede dei condannati ai lavori forzati: anonima come la Social Card, ma se ce l’hai addosso, è difficile dire che non è tua. Anzi, la Social Card imbarazza ancora prima di riceverla. Perché ti viene annunciata con una letterina ministeriale, suppongo di questo tenore: «Cavo  amico  (bisogna  immaginarla  letta con la voce del ministro Tremonti), dai dati in nostvo possesso ci visulta che tu sei un pezzente. Come sapvai, il tuo govevno ha vavato pev quelli come te una genevosa  iniziativa chiamata Social Cavd. Se sei effettivamente un movto di fame, vécati al più vicino uffcio postale a vitivave la tua Social Cavd. Attenzione: non è commestibile.»
Ora, sulla busta c’è scritto il tuo nome e indirizzo, e se da qui al 31 dicembre ricevi posta  da Tremonti, può esserci un solo motivo. Quindi bisogna subito occultare la lettera agli occhi dei vicini ficcanaso: uno sguardo indiscreto alla busta, e tutto l’isolato dedurrà che hai un reddito inferiore ai seimila euro (o sei uno spudorato evasore fiscale: nel caso, prima della busta, dovrai nascondere il Rolex e gli abiti firmati e dire in giro che il Suv nel tuo garage è di un amico). Dopodiché, indossata la maschera di Batman di tuo figlio per mantenere l’incognito, vai alle Poste, in un orario morto, onde evitare amici e conoscenti. Individui subito lo sportello giusto: è quello con una fila di Batman lunga così. «Social Card?» domanda l’impiegato. Arrossendo sotto la maschera, farfugli che la card
non è per te.  «Lo so, è per Robin, dicono tutti la stessa cosa», sospira l’impiegato, allungandoti il tesserino.
E ora, via al supermercato (quello più distante possibile da casa tua). E lì sei assalito dai dubbi.
Perché la Social Card vale 40 euro ma deve durarti un mese, e bisogna spenderla bene. Niente grana o filetto, meglio patate, legumi secchi e farina da polenta, che riempiono a poco prezzo il carrello e la pancia, sperando che la recessione finisca prima che ti venga la pellagra. (Casomai, investi qualche euro in un  integratore di vitamine del gruppo B, sempre meno caro di verdure e latte fresco.) Non dimenticare una saponetta: dopo tanti anni di sapone liquido ormai non sai più come si usa, ma dura di più e costa meno. E ora,  alla cassa. Qui mantenere l’anonimato diventa un’impresa. Se il supermercato è poco affollato, funziona una cassa sola, ci sono almeno due persone in coda e la cassiera è più in vena di chiacchiere. E’ preferibile aspettare l’ora di punta, quando tutti hanno troppa fretta per guardare chi sei e come paghi, l’importante è che ti levi dai piedi alla svelta. Scegli la fila con più studenti: hanno già abbastanza grattacapi per conto loro, ma, a differenza di adulti e anziani, non si bevono diciotto tiggì al giorno e ci sono serie  probabilità che la Social Card manco sappiano cosa sia. Dovessero farti qualche domanda sul tesserino azzurro, dì che è “social” nel senso di “social network”, come Facebook:  inserisci il tuo profilo sul sito del ministro Tremonti, e subito trovi tanti amici, alcuni dei quali lavorano alle casse dei supermercati. Hai visto mai che la Social Card diventa trendy?

www.liaceli.com

Scusi, mi presta un’ora… poi qualcuno gliela rende

assegno"

Sabato scorso Cristella ha partecipato al convegno regionale “Le banche del tempo fra socialità e condivisione” che si è tenuto a Rimini.

Socia fin quasi dall’inizio (circa dodici anni fa) della Banca del Tempo di Santa Giustina (Quartiere 5), Cristella ha partecipato alla giornata come relatrice “sui generis”.

Dopo i saluti del presidente della Provincia Nando Fabbri, della consigliera provinciale delegata alle politiche di genere e pari opportunità Leonina Grossi, dell’assessore comunale Anna Maria Fiori in rappresentanza del Sindaco, dell’assessore regionale Anna Maria Dapporto, della presidente del Quartiere 4 Giovanna Zoffoli, è stata la volta dell’intervento di Cristella che, visto l’argomento, ha scelto due poesie di Raffaello Baldini: Métt e L’arlòzz.

Con l’usuale ironia il poeta di Santarcangelo fa riflettere anche quando parla della preziosità e della volatilità del tempo.

Due cose da segnalare.

Primo: per allenarsi a declamare nel migliore dei modi i versi di Baldini, Cristella s’era esercitata per giorni, “traducendo” nella lingua a lei più congeniale (quella della mamma e del babbo) alcuni accenti e dittonghi.

Secondo: i quattro interventi dialettali hanno sorpreso i partecipanti al convegno, alleggerendo le relazioni – pure interessanti – di personaggi quali la senatrice Mariangela Bastico, il sociologo dell’Università di Bologna Vittorio Capecchi, la docente universitaria Mirella Falconi… (e scusate se è poco…).

Se gli applausi e i complimenti fossero sinceri, difficile dirlo. Ma, per Cristella, tanti sorrisi e strette di mano da parte di tutti!

Ecco dunque l’ultima evoluzione di Cristella (della serie: che coraggio! Prima di morire bisogna provarle tutte!).

Questa piacerebbe a Ivano Marescotti: “dicitrice dei testi di Raffaello Baldini”. Teatri della regione, aspettatela!

Un’ultima nota: qui di seguito trascrivo i testi letti e la traduzione in italiano. Oltre che ai curiosi, potranno essere utili a Ettore Bonato, il gentile e pignolo trascrittore della registrazione audio del convegno, da mettere “agli atti”. Al termine della giornata, mi si è timidamente avvicinato dicendomi: “Cristina, ma secondo te, ci riuscirò a sbobinare e trascrivere il tuo intervento?” Continua a leggere

I proverbi di Santa Lucia

Perché si dice che il 13 dicembre, quello dedicato a Santa Lucia, è “il giorno più corto che ci sia”, pur non corrispondendo col solstizio d’inverno?

La riforma gregoriana ha fissato il solstizio d’inverno, e quindi il giorno con le minori ore di luce, nella giornata del 21 dicembre. Nella tradizione popolare questo giorno viene ancora mantenuto nella giornata del tredici dicembre. I proverbi su Santa Lucia, numerosi, hanno quindi un’origine molto antic, di sicuro anteriori alla riforma del calendario avvenuta nel 1582.

Par Sènta Luzì
e’ dé e cor vì.

Per Santa Lucia il giorno corre via.

Sènta Luzì
e’ dé piò curt ch’u i sia.

Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia.

Questa notte è talmente lunga, sempre secondo la tradizione popolare, che per la Santa è stato possibile fare tantissime cose:

La Santa la filè, la tsè,
la imbianchè la téla e
la s’cusè la camisa.

La Santa filò, tessè, imbiancò la tela e si cucì la camicia.
In molti paesi e città il 13 dicembre si fanno feste e fiere. La più famosa, da queste parti, è a Savignano sul Rubicone.

in tali occasioni, un tempo, in Romagna, le ragazze offrivano ai fidanzati della piada (probabilmente dolce). Ecco quindi il significato di un altro proverbio, che recita:

Per Santa Luzì la fira i fa,
e al ragàzi ai raghéz la piè a gli dà.

Per santa Lucia fanno la fiera e le ragazze ai ragazzi danno la piada.

Da parte mia, posso solo dire che non vedo l’ora che le giornate riprendano ad allungarsi: il fatto che si faccia scuro così presto, al pomeriggio, mi deprime alquanto. Sono nata in giugno, due giorni dopo il solstizio d’estate: sarà per questo?

La è gnara!

Burdéll, la è è gnara! (ragazzi, è dura!).

Questa frase, sepolta nelle pieghe della mia memoria di bambina, ha la voce di mio padre, grande lavoratore, che, nonostante i calli e la fatica, spesso ritornava dal cantiere a tasche vuote.

Uno dei ricordi più dolorosi della mia infanzia è quando il “padrone” rimandava a casa i suoi operai senza dar loro il dovuto.

Al primo giorno del mese, dopo cena, il babbo mi chiamava al tavolo della cucina (ero già la scrittrice della famiglia!). Su di un foglio strappato dal quaderno mi faceva fare il conto delle ore lavorate. Prendeva il calendario appeso al chiodo vicino al lavello e iniziava a dettare: lunedì 1 dicembre: 8 ore, martedì 2 dicembre: 8 ore, mercoledì 3 dicembre: neve (e giù imprecazioni!).

Poi, insieme, facevamo il totale. Il giorno dopo, con questo foglietto, si presentava al suo capomastro per chiedere il salario. Sembrava quasi lo mendicasse!

Erano gli anni Sessanta. Nel paese, per fortuna nostra e di tanti altri, ci si conosceva tutti e il rispetto reciproco era garanzia sicura per piccoli prestiti fra vicini e, da parte della bottegaia, per il librettino dove si segnava la spesa quotidiana.

Si saldava quando si poteva, di solito appena arrivava la busta-paga di quel “padrone” tirchio e furbastro (che con questi mezzucci s’è tirato su un bell’albergo in riva al mare).

Ricordo bene, quando andavo alla bottega per comprare mezzo chilo di zucchero e un litro di latte e invece di pagare facevo segnare sul librettino. Quest’ultimo, in fondo, era l’antenato della moderna carta fedeltà, che uso oggi al supermercato e che mi addebita tutte le spese a fine mese…

Ma torniamo alla frase che ispira questo post: “burdéll, la è gnara!”

L’ho rivolta alla mia giovane collega (che per questioni anagrafiche non conosce né il dialetto, né i tempi del librettino della spesa) qualche giorno fa. A metà mattina, nel pieno dell’attività quotidiana di informazione al bancone del Centro per l’impiego, eravamo già al livello di guardia. Il nostro ufficio è un vero crocevia di bisogni e di richieste a cui, con l’aria che tira, l’istituzione può dare poche risposte.

La è gnara, burdéll!

Dal mio punto di vista (sono “in trincea” da quasi trent’anni) posso tranquillamente affermare, senza timore di venire smentita, che a Rimini tanta gente in cerca di lavoro non s’era mai vista. Di tutte le provenienze (anche per i cercatori di lavoro Rimini è, storicamente, “terra di conquista”), di tutte le tipologie (generici, impiegati, specializzati) e di tutte le età (e questo fa molto male: quando arrivano persone della mia generazione o anche più grandi, troppo giovani per la pensione, troppo vecchie per riciclarsi).

Ma cosa possiamo offrire? Anche a Rimini si parla di aziende che chiudono e di cassa integrazione. Il turismo? Anche ad essere ottimisti, con la crisi globale, non so se tanta gente verrà in vacanza come in passato… I posti di lavoro stagionali – nel settore turistico-alberghiero e nell’indotto – ne risentiranno di sicuro.

Vabbè, speriamo che qualcosa cambi in meglio…

Immaginatevi, comunque, le mie giornate a cercar di dare risposte a persone che mettono avanti bisogni così immediati e fondamentali. Ci vuole una grande forza d’animo anche per stare da questa parte del bancone. Quella più tranquilla, perché, in sostanza, io un lavoro ce l’ho!

Come cerco di rendermi utile?

Lavorando senza dimenticare mai quella bambina che scriveva le ore sul foglio del quaderno, quel “padrone” avaro e disonesto, quel libretto della spesa con la copertina unta e bisunta…

Ah, un’ultima nota professionale: qualche link utile per chi sta cercando un lavoro.

Offerte Centri per l’impiego di Rimini e Riccione; offerte settore alberghiero della Riviera Romagnola; elenco Agenzie per il lavoro a Rimini; annunci di lavoro del settimanale Il Fo Romagna; sito infojobs.it.

Altri link utili nel sito del Centro per l’impiego.

Sperémma bén!