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Venanzio Raggi, il suo testamento di vita

12 giugno 2007, parrocchia Gesù Nostra Riconciliazione, a Rimini.
Ricordando Venanzio Raggi ad un mese dalla scomparsa.
Il figlio, la moglie, la sorella, unitamente all’amico don Domenico Valgimigli, dopo la Messa celebrata nel suo ricordo hanno fatto dono ai presenti del “testamento di vita” preparato da Venanzio stesso negli ultimi giorni, consapevole di quanto gli stava accadendo.
Mentre gli altoparlanti diffondevano la canzone di Frank Sinatra, sullo schermo scorreva il testo in italiano (“…a modo mio”).
Inutile dire della commozione nell’accorgersi che sì, quelle parole sono la rappresentazione esatta di come Venanzio ha affrontato la vita: a modo suo.
Venanzio Raggi, Silvano Cardellini, Marco Magalotti… Sono ormai numerosi i colleghi giornalisti e fotografi riminesi che ci hanno lasciato in questi ultimi anni. Perché non ricordarli degnamente organizzando un concorso giornalistico per giovani promettenti nelle varie specializzazioni, magari mettendo a disposizione una sorta di borsa di studio? Chissà che qualche degno erede di questi bravi professionisti non sia nascosto in qualche scuola, giornalistica o non,  e aspetti solo di essere scovato?
Io, intanto, lancio l’idea… Vediamo se arriva qualche commento?
My way – a modo mio
E ora la fine è vicina
E quindi affronto l’ultimo sipario
Amico mio, lo dirò chiaramente
Ti dico qual è la mia situazione, della quale sono certo
Ho vissuto una vita piena
Ho viaggiato su tutte le strade
Ma più. Molto più di questo
L’ho fatto a modo mio
Rimpianti, ne ho avuti qualcuno
Ma ancora, troppo pochi per citarli
Ho fatto quello che dovevo fare
Ho visto tutto senza risparmiarmi nulla
Ho programmato ogni percorso
Ogni passo attento lungo la strada
Ma più, molto più di questo
L’ho fatto a modo mio
Sì, ci sono state volte, sono sicuro lo hai saputo
Ho ingoiato più di quello che potessi masticare
Ma attraverso tutto questo, quando c’era un dubbio
Ho mangiato e poi sputato
Ho affrontato tutto e sono rimasto in piedi
L’ho fatto a modo mio
Ho amato, ho riso e pianto
Ho avuto le mie soddisfazioni, la mia dose di sconfitte
E allora, mentre le lacrime si fermano,
Trovo tutto molto divertente
A pensare che ho fatto tutto questo;
E se posso dirlo – non sotto tono
“No, oh non io
L’ho fatto alla mia maniera”
Cos’è un uomo, che cos’ha?
Se non se stesso, allora non ha niente
Per dire le cose che davvero sente
E non le parole di uno che si inginocchia
La storia mostra che le ho prese
E l’ho fatto
… a modo mio

Quale lavoro per i nostri figli?

Comodamente seduta per la cena, dopo una giornata di stress continuo, squilla il telefono. “Buona sera, sono Michela (o Francesco, o Pinco Pallino) di Telecom (o di Tele2 o di un altro Pinco Pallino)…”

La prima reazione è di rifiuto. Maddai, sempre a quest’ora. “Grazie, non mi interessa”, rispondi nella migliore dell’ipotesi.

Poi vedi un servizio delle Iene su Italia Uno e di Michela e di Francesco impari qualcosa di più… A Misterbianco, provincia di Catania, centinaia di giovani sottopagati (e ancor peggio contrattualizzati), sono le voci dei call center di mezza Italia. A 40 centesimi lordi – udite udite – per ogni chiamata effettuata. “Ma solo se la telefonata supera i 3 minuti e 20 secondi”, specifica uno di loro, con la laurea in giurisprudenza a prender polvere “perché tanto gli avvocati devono fare anni di praticantato gratis e almeno qui qualche centinaia di euro, alla fine del mese, riesci a metterlo insieme.”

Quel servizio (di Alessandro Sortino e Francesca Biagiotti, “L’INFERNO DEI CALL CENTER”) è stato premiato nell’ambito del Premio Giornalistico Ilaria Alpi che si sta svolgendo a Riccione in questo giorni, per la sezione Il Lavoro che non si vede.

Con la seguente motivazione. Uno sguardo nuovo sull’inferno dei call center. Il luogo di lavoro che rappresenta l’essenza dell’occupazione moderna, flessibile e precaria. Ironico nel registro, il servizio, racconta bene le incongruenze del settore e lo stato di difficoltà nel quale vivono i lavoratori del settore.

Emblematica la storia di una delle giovani donne intervistate, che ha dichiarato di aver dovuto nascondere per ben quattro mesi la sua gravidanza… Quando la società gestrice del Call center ha visto in Tv l’intervista, ha ben pensato di licenziare questa coraggiosa futura mamma…

Per la cronaca: gli autori del servizio hanno devoluto a lei la cifra ricevuta per il premio. Non risolverà tutti i suoi problemi, certo, ma il gesto merita un applauso. Conosco anch’io ragazze che hanno nascosto agli stessi colleghi la maternità, un momento della vita che dovrebbe essere fra i più gioiosi, da gridare al mondo… Conosco anch’io persone che mi lavorano accanto e non sanno se fra due mesi saranno ancora lì o dall’altra parte, ad allungare la lista dei disoccupati.

I miei amici musicisti del gruppo Foto mosse da tante storie di “non lavoro” hanno ricavato anche un CD, divenuto una sorta di colonna sonora, lo scorso autunno, delle manifestazioni nazionali che Nidil-Cgil ha dedicato al precariato (vedi nella sezione Articoli di www.cristella.it, quello intitolato “La colonna sonora dei lavoratori precari”).

Sono coinvolti tutti, maschi e femmine, giovani e meno giovani, semplici operai e laureati con tanto di specializzazione. Le donne, comunque, in questa incertezza del domani legata al lavoro precario (o flessibile, a chiamata, non rinnovabile, chiamatelo come volete…) tornano ad essere i soggetti più ricattabili.

E pensare che avevamo conquistato i più elementari diritti, noi “lavoratrici fortunate” delle generazioni più anziane, combattendo a suon di scioperi e di battaglie…

Per le nostre figlie, quale domani?

Se l’accoglienza è targata RN

E’ terminato ieri il viaggio sul Po dei giornalisti Michele Marziani e Stefano Rossini. In barca e in bicicletta: itinerario raccontato con dovizia di particolari nei loro blog (Appunti di viaggio, quello di Michele, è linkato qui a destra).
Per fortuna l’ultimo post di Stefano, che porta la data del 6 giugno, risolleva un po’ l’idea non proprio positiva che mi ero fatta sull’ospitalità di quelle zone.
“L’ospitalità è stata davvero importante – scrive Stefano – Senza l’aiuto della strada dei vini e dei sapori della Lombardia, quella di Reggio Emilia, gli enti e le persone che ci hanno offerto il loro aiuto gratuitamente (l’associazione Random in testa, senza la cui barca non saremmo neanche partiti) saremmo probabilmente arrivati in Croazia convinti di scoprire antiche culture padane.”
Ma il 2 giugno la prospettiva, oltre che molto bagnata, era di questo tono:
“Oggi la stanchezza mi ha colpito con la pioggia e il freddo. Mi sentivo come il protagonista di un libro di avventure, come Frodo Baggins, che nonostante tutte le avversità continua il suo viaggio. Così, lasciata la barca a Bagnolo S. Vito, questa mattina, alle 7 e 30, ci siamo messi a pedalare verso Guastalla. Sotto un cielo basso e infingardo i corvi gracchiavano sui rami. Ho deciso che il prossimo viaggio lo faccio in novembre, magari trovo una settimana di sole.
La colazione è circondata da un gruppo di musoni da bar, tipici abitanti della bassa padana mantovana che ti buttano addosso tutta la loro ostilità. Verrebbe voglia di ripartire subito, ma un acquazzone ci blocca. Solo dopo mezz’ora lasciamo il tempio della mestizia verso la prima stazione ferroviaria, convinti ormai che sia difficile continuare anche in bici. Ma la fermata di Pegognaga è squallida e deserta. Pegognaga. Già il nome ricorda quel gnègnègnè che si fa con stizza verso chi ci sta antipatico. Giovedì abbiamo navigato nove ore senza incontrare anima viva. Oggi è il paese ad essere abbandonato. Sembra di perlustrare una zona colpita da una devastazione atomica o da un’epidemia. Tutto è vuoto, chiuso, disabitato. In mano a Romero la pianura padana sarebbe un ottimo set per un nuovo film di zombi.”
Ho immaginato la scena “trasportata” dalle nostre parti.
Due giornalisti arrivano alla foce del Marecchia in barca, per poi perlustrare il territorio riminese in bicicletta, con l’intenzione di dare al loro viaggio un senso di ricerca cultural-gastronomica che verrà debitamente documentata…
Atto primo: il sindaco Alberto Ravaioli organizza un comitato d’accoglienza e nel corso di una conferenza stampa omaggia i viaggiatori col manifesto balneare di Pablo Echaurren. Secondo: il vice Maurizio Melucci sfida i due giornalisti ad una partita a biglie sulla spiaggia – manco a dirlo, del Bagno 26 – mentre il bagnino Gabriele si fa fotografare ed intervistare almeno venti volte. Terzo: Andrea Gnassi, assessore provinciale al turismo, regala una maglia ai due ciclisti (maglia rosa, naturalmente…) e, quarto, Massimo Masini, presidente di Aeradria, scrittura una band per accogliere i due a suon di musica… (Ricordate l’arrivo con un’ora di ritardo del primo volo da Parigi? Turisti stravolti e scocciati per il raddoppio dei tempi del loro viaggio, guardavano piuttosto stupiti i musicisti jazz chiamati da Masini sulla pista d’atterraggio…).
Insomma, per farla breve, qui a Rimini è tutt’altra cosa…
Qualcuno può sospettare che la calda “accoglienza al forestiero” non sia totalmente spontanea, ma in parte dipendente dal core business di tutta la Riviera…
Fa niente.   
Son contenta di essere romagnola.