Archivi annuali: 2008

Una notte, ventun anni fa, la bella principessa…

Alle due di notte del 28 maggio 1987 Paolo ed io percorrevamo nel silenzio la strada che da Viserba porta all’ospedale di Rimini. La città era deserta, traffico inesistente, atmosfera quasi irreale.

Ricordo ancora l’arrivo al pronto soccorso e l’infermiere che mi consiglia di raggiungere il reparto di ostetricia camminando sulle mie gambe. Il lungo corridoio, che poi ho ripercorso mille volte in questi anni, pareva più lungo del solito. A metà strada, più o meno dove c’è la chiesina, mi sono dovuta fermare perché… si erano “rotte le acque”. Pozzanghera lasciata come ricordo sul pavimento e, se non mi fossi sbrigata, Cinzia sarebbe nata lì…

E’ vero, avevo partorito appena quindici mesi prima e, in un certo senso, la strada era stata già aperta da Dora, la sorellina che ignara, a casa, era stata portata a dormire dalla nonna Malvina.

Al ritorno a casa, cinque giorni dopo, Dora pensava fosse un bambolotto, visto che in macchina la piccola non aveva fatto altro che dormire. Quando però dalla cameretta venne il primo vagito, mentre noi eravamo tutti seduti a tavola, Dora, sorpresa per quello strano rumore, disse, guardandoci con i suoi bellissimi occhi verde-azzurri: “Oh! Gatto?”

La fotografia scattata una settimana dopo sul terrazzo della nonna può dare l’idea di com’erano quei giorni: due bambole piccine picciò che uniscono le rispettive manine a quella di Cristella. Complicità e sostegno reciproco che, come ogni mamma, mi auguro (e auguro a loro) duri tutta la vita.
Cristella, Dora, Cinzia - Giugno 1987

Cinzia si è dimostrata da subito determinata e vivace. Anzi, prima di “subito”, visto che anche quand’era dentro di me era tutta capriole e calci che mi scombussolavano  giorno e notte.

Autonoma, coraggiosa, decisa, deliziosa “rompiballe”. Quando si prefigge un obiettivo è più che certo che lo raggiungerà. E “alla grande”, perché se deve fare qualcosa la vuole fare bene!

Ventun anni, una volta, era l’età dei maggiorenni. La mia principessa lo è da molto tempo: “seconda” solo perché nata un po’ dopo l’altra principessa. Per il resto, anche lei, sempre, “prima”!!!

Buon compleanno, principessa Cinzy! Grazie di essere così come sei.

dalla A alla Z, per ridere un po’

Aria da fine-settimana, in vena di barzellette (buon segno, no?).

Copio-incollo un post di Devil, del blog La mia ombra.

Mi scuso in anticipo per qualche paroletta non proprio linda (roba che i bambini delle elementari ne sanno mille di più…)

Fatevi dunque una sana risata col… Nuovo Dizionario Zapparelli

ABBECEDARIO – Espressione di sollievo di chi s’è accorto che c’è anche Dario

ADDENDO – Urlo della folla quando a Nairobi stai per pestare una merda

ALLUCINAZIONE – Violento colpo inferto col ditone del piede

ALUNNO – Esclamazione sfuggita a Papa Leone all’apparire di Attila

APPENDICITE – Attaccapanni per scimmie

ASSILLO – Scuola materna sarda

AUTOCLAVE – Armi automatiche dell’età della pietra

BACCANALE – Frutto selvatico usato una volta come supposta

BALESTRA – Sala ginnica per gente di colore

BASILICA – Chiesa aromatica

BIGODINO – Doppio orgasmo

BUCANEVE: Precisa pisciata maschile invernale

CACHI – Domanda che rivolgi ad uno chinato dietro un cespuglio

CALABRONE – Grosso abitante di Cosenza

CALAMARI – Molluschi responsabili della bassa marea

CAPPUCCETTO ROSSO – Profilattico sovietico

CATALESSI – Catalani condannati alla pentola a pressione

CERBOTTANA – Cervo femmina di facili costumi – siciliana

CERVINO – Domanda dei clienti all’oste romano

CIAMBELLANO – Colui che ha il più bel buco di culo del reame

CONCLAVE – Riunione di cardinali violenti e trogloditi

CONTORSIONISTA – Ebreo arrotolato

COREOGRAFO – Studioso delle mappe della Corea

CUCULO – Gay balbuziente

CULMINARE – Fare uso di supposte esplosive

DOPING – Pratica anglosassone del rimandare a più tardi

ELETTROPOMPA – Novità bolognese a luci rosse

EQUIDISTANTI – Cavalli in lontananza

EQUINOZIO – Cavallo che non lavora

EUFRATE – Monaco mesopotamico

FAHRENHEIT – Tirar tardi la notte

FANTASMA – Malattia dell’apparato respiratorio che colpisce i forti consumatori di aranciata

FOCACCIA – Foca estremamente malvagia

FONETICA – Disciplina che regola il comportamento degli asciugacapelli

GESTAZIONE – Gravidanza di moglie di ferroviere

GIULIVA – Slogan di chi è vessato dall’Imposta sul Valore Aggiunto

INCUBATRICE – Macchina fabbricatrice di sogni terribili

INTERPRETATO – Posto tra due preti

LATITANTI – Poligoni con moltissime facce

LORD – Signore inglese molto sporco

MAIALETTO – Animale che non dorme mai

MASCHILISTA – Elenco di persone di sesso maschile

MELODIA – Preghiera di una vergine

MESSA IN PIEGA – Funzione religiosa eseguita da un prete in curva

NEOLAUREATO – Punto nero della pelle che ha fatto l’università

OPOSSUM – Marsupiale americano possibilista

PARTITI – Movimenti politici che nonostante il nome sono ancora qui

PRETERINTENZIONALE – Un prete che lo fa apposta

PREVENIRE – Soffrire di eiaculazione precoce

RADIARE – Colpire violentemente usando una radio

RAZZISTA – Fabbricatore di missili

REDUCE – Sovrano con tendenze di estrema destra

RUBINETTO – Gemma preziosa di piccole dimensioni

SANCULOTTO – Patrono degli omosessuali

SCIMUNITO – Attrezzato per gli sport invernali

SCORFANO – Pesce che ha perduto i genitori

SMARRIMENTO – Perdita del mento

SOMMARIO – Indicativo presente del verbo ‘Essere Mario’

SPAVENTO – Società per azioni eolica

STRAFOTTENTE – Dicesi di persona di grandi qualità amatorie

SUCCESSO – Posizione da toilette

TACCHINO – Parte della scarpina

TELEPATIA – Malattia che colpisce chi guarda troppo la TV

TEMPOREGGIARE – Scoreggiare andando a tempo (tipico dei musicisti poco educati)

TONNELLATA – Marmellata di tonno

UFFICIO – Luogo dove si sbuffa

VERDETTO – Cosmetico verde (a differenza del rossetto che è rosso)

VIGILIA – Donna vigile urbano

ZONA DISCO – Parcheggio per gli UFO

 

Ac fat spulicrét!

Della serie “gli intraducibili”: dopo pataca, cuchèl, invurnìd e compagnia bella, m’è passato sott’occhio un altro aggettivo romagnolo che si può trasporre in italiano se non con largo giro di parole. 
Spulicrét. La definizione che si avvicina di più potrebbe essere “schifiltoso”.
 “Ha diversi significati, spiega meglio Gianni Quondamatteo – Chi è spulicrét è preciso, pignolo, ordinato, schizzinoso. La camicia, le scarpe che compra, o qualsiasi altra cosa, vengono meticolosamente esaminate: guai a che un peluzzo o una macchiolina deturpino l’oggetto. Il nostro è sempre vestito in modo inappuntabile; e a tavola, ovviamente, non è che inghiottisca distratto il cibo. Ci mancherebbe altro! Si dice: ‘E’ fa e’ spulicrét!’ (fa il difficile nel mangiare, affettato nel parlare).”
Vale la pena leggere questa bella poesia di Raffaello Baldini.
Spulicrét
Eun acsè spulicrét a n l’ò mai vést.
Tòtt e’ dé l’era dri a lavès al mèni.
E’ tnéva e’ mangh d’la taza de cafè
vérs d’in èlt, drétt me nès,
e’ bivéva dvò ch’u n bivéva niseun.
D’instèda l’aranciata
u la tuléva sempra sla paiètta.
E ènca tal giuvàchi
guai a sbaiè ‘d bicìr,
léu l’era schiv ad tòtt, un éultum dl’an,
ch’u i era casch ma tèra e’ cuciaréin,
l’a las alé a mità la sopainglàisa.
U n strinzéva la mèna ma niseun,
sla zénta e’ stéva sémpra un pò dalòngh,
e quante qualcadéun u s’arscaldéva
te dizcòrr e u i avnéva trop davséin,
e par di piò magari
e’ spudacéva un pò,
léu u s striséva la faza s’una mèna,
cmé non volénd, cmé ch’u s gratéss la bérba,
e pu invìci la mèna
u s la farmèva vérta sòtta e’ nès,
còuntra la bòcca.
Che nè mèttsi disdài
s’una scaràna chèlda
ch el’era sté sò ‘lòura qualcadéun
u s tuléva piotòst da sté d’impì.
Quant e’ viazéva se treno
u n tuchéva mai gnént, e te smuntè
u s ciappéva me mènfar sa do dàidi.
D’ogni tènt u s faséva tusè plèd
par rinfurzè i cavéll,
mo ènca parchè i cavéll l’éra un ardòtt
‘d pòrbia, ‘d spurchèra, ‘d microbi.
L’éva sémpra paéura dagli infeziòun,
ad ciapè al malatéi, ch’i gli atachéss.
E’ numinèva spèss la Tina ad Zioli
che da burdlàza
te gratès un zgagnùl sal mèni spòrchi
la s’era fata vnì e’ sangh
e tri dé dop la éva quarènta ad févra
e u n gn’è stè gnént da fè.
M’un chèn u n gn’à mai fat una carèzza,
te spazi i n l’à mai vést liché un frencbòll.
L’era sémpra puléid,
ènca un pò profuméd,
parché e’ parfòm in fond e’ disinfèta.
 

E se témp pu la zenta i à capéi,
i n’i stéva tachèd,
e’ barbìr l’éva un raséur snò par léu,
i n’i dmandéva in prèst gnénca e’ giurnèl.
Mo u n’è bastè. L’è mòrt téisgh a trent’an.
Schifiltoso
Uno così schifiltoso non l’ho mai visto. Tutto il giorno era dietro a lavarsi le mani. Teneva il manico della tazza del caffé verso l’alto, dritto al naso, beveva dove non aveva bevuto nessuno. D’estate l’aranciata la prendeva sempre con la cannuccia. E anche nelle baldorie, guai a sbagliare bicchiere, aveva schifo di tutti, un ultimo dell’anno, che gli era caduto per terra il cucchiaino, ha lasciato lì a metà la zuppa inglese, Non stringeva la mano a nessuno, con la gente stava sempre un po’ lontano, e quando qualcuno si riscaldava nel parlare e gli veniva troppo vicino, e per di più magari sputacchiava un po’, lui si strisciava una mano sulla faccia, come non volendo, come se si grattasse la barba, e poi invece la mano se la fermava aperta sotto il naso, contro la bocca. Che mettersi a sedere su una sedia calda da cui s’era appena alzato qualcuno preferiva piuttosto stare in piedi. Quando viaggiava in treno non toccava mai niente, e nello scendere si prendeva alla maniglia con due dita. Ogni tanto si faceva rapare a zero per rinforzare i capelli, ma anche perché i capelli erano un ricetto di polvere, di porcheria, di microbi. Aveva sempre paura delle infezioni, di prendere le malattie, che gliele attaccassero. Nominava spesso la Tina di Zioli, che da ragazza nel grattarsi un foruncolo con le mani sporche s’era fatta venire il sangue e tre giorni dopo aveva quaranta di febbre e non c’era stato niente da fare. A un cane non ha mai fatto una carezza, nello spaccio non l’hanno mai visto leccare un francobollo. Era sempre pulito, anche un po’ profumato, perché il profumo in fondo disinfetta.
E col tempo poi la gente ha capito, non gli stavano vicino, il barbiere aveva un rasoio solo per lui, non gli domandavano in prestito nemmeno il giornale.
Ma non è bastato.

E’ morto tisico a trent’anni.

Una chitarra mancina per delicati intrecci di note e armonie

Stefano Rava Band 

L’ho visto crescere, in questi anni, anche artisticamente.

Giovane, riminese, preparato e bravo, si chiama Stefano Rava. Quasi un nipote, direi, visto che è il figlio minore di una coppia di cari amici.

E oggi, come zia affettuosa, chiedo di votare lui e la sua band (la Stefano Rava Band) che sta partecipando come semifinalista al concorso di Radio BrunoVota la voce”, riservato a cantanti e gruppi esordienti.
La canzone in gara, parole e musica di Stefano, si intitola Mamma Betta e fa parte dell’album Berretti Blu registrato in studio la scorsa estate e pubblicato a dicembre dall’editore Mc Harmony.

Il testo del brano è piuttosto malinconico: racconta di una madre che ha perso il figlio (so che l’autore non l’ha scritto a caso e che è ispirato da un’esperienza di vita vera).
Ma Stefano non canta e scrive solo canzoni tristi. Con la sua chitarra mancina spazia in vari generi.

“Musicalmente ho un’anima portata verso il rock – dice – ma mi piace suonare di tutto: dai pezzi dei Led Zeppelin, dei Doors, dei Beatles, a quelli di Battisti e di Carosone fino allo standard da Night and Day a Stardust… In fondo, credo che il percorso artistico sia come un muro fatto da più mattoni sul quale vanno aggiunti l’intonaco e il colore che rappresentano lo stile personale. È per questo che oltre ai miei pezzi mi piace rivisitare cover e personalizzarle.”
In questi anni, oltre ad esibirsi da solo con le sue amate chitarre (Les Paul, Joe Pass, Stratocaster), ogni tanto partecipa a concerti con un quintetto di musicisti professionisti che a volte, per certi repertori, si trasforma in un’orchestra di quasi trenta elementi.
La Stefano Rava Band , di cui fanno parte Luca Piccari (batterie), Giuseppe Fabbri (piano, tastiere, cori), Diego Ricci (basso, cori), è nata per promuovere l’album Berretti Blu e le canzoni composte dal mio “nipote” musicista.

Per chi si trova a Rimini, questa sera i ragazzi suonano al Red Devil, mentre sabato 24 maggio saranno al Lord Nelson.
Per tutti, riminesi e non, ripeto l’invito: cliccate qui e votate Mamma Betta.

Grazie da “zia” Cristella.

La buona cucina romagnola? Dalla famiglia Muccioli, a Cesenatico

hotel Sporting e la sua spiaggia

Dopo la ricetta dei passatelli che ha profumato il post precedente, oggi concedetemi un po’ di pubblicità “familiare”.
Domani, 16 maggio, l’Hotel Sporting di Cesenatico, un tre stelle dotato di spiaggia privata, dà inizio alla stagione 2008.

Ai suoi proprietari vorrei inviare attraverso il web i migliori auguri di buon lavoro!

Ah, dimenticavo: i tre “ragazzoli” che da 25 anni gestiscono l’albergo in questione sono mia cognata Marinella, mio fratello Domenico e mio nipote Francesco.

Last, but not least, in cucina la preziosa aiutante dello chef è mia sorella Tiziana. Il che, tradotto, significa che all’Hotel Sporting si mangiano i passatelli come quelli raccontati nel mio blog, gli strozzapreti fatti a mano come quelli di Cristella, la piadina e i cassoni che ci ha insegnato la mamma.

E via discorrendo e… gustando.

Quindi, se qualcuno dei lettori lontani volesse passare un fine settimana da queste parti, clicchi qui, per le offerte speciali della stagione 2008.

Av salut!