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Gli intraducibili: ‘na savarnèda ad….

Un tuffo nella lingua madre, che fa bene al cuore e alla pancia.

Dopo un pomeriggio di calore familiare con un folto gruppo di rappresentanti della Tenera Età (più di sessanta!) al primo compleanno degli incontri organizzati settimanalmente all’Oratorio Marvelli di Viserba Mare, sento l’esigenza di cercare fra le pagine del Dizionario Romagnolo Ragionato di Quondamatteo alcune delle parole “intraducibili” che ogni tanto fanno capolino nella mia memoria.

La prima, “savarnèda”, non è mai stata diretta a me, ma l’ho sentita più volte come minaccia a qualcun altro: “at dàg ‘na savarnèda ad bòti!” oppure “l’à ciapè ‘na savarnèdaad bòti“. Il Dizionario recita: “colpo violento, percossa. Dù savarnèdi. Ho ciap na savarnèda ch’à sò arvènz intramurtìd“.

La radanèda, invece, è l’aggiustatura, la rabberciata. Dat ‘na radanèda! datti un’aggiustata, mettiti in ordine! Radàna c’la cambra! Riordina quella camera!

Rungaja, mar.: pesce piccolo, misto, messo insieme, talora, con pesce ‘buono’ rovinato, morsicato nel travaglio della pesca; pesce da poveri, quindi: Ho tòlt mèz chel d’rungaja (ho comprato mezzo chilo di rungaia). Fig: si dice per bambini piccoli, gente di poco conto: cus èl sta rungaja! (cos’è questa rungaia?)

Quindi, morale della questione: par dè ‘na radanèda ma tòta c’la rungaja, u i vréb ‘na savarnèda ad bès 🙂

T’è capì?

I cappelletti? Un rito sacro.

Non è Natale senza cappelletti.

E’ tradizione, in Romagna, che la vigilia di Natale la famiglia si ritrovi per preparare questo tipo di pasta. Ognuno fa qualcosa. E, come succede sempre con le preparazioni tipiche, le ricette, seppur simili, sono differenti da famiglia in famiglia.

Quelli che fa mia suocera, ad esempio, sono i cappelletti della Romagna del sud, col ripieno di carne macinata e formaggio grattugiato, più somiglianti ai tortellini bolognesi.

Quelli della mia infanzia, invece, sono più tipici della zona di Cesena e del Rubicone: più morbidi, col ripieno di formaggi, a cui si aggiunge solo una piccola parte di carne (solitamente petto di cappone). Sono i cappelletti della mia mamma, che li faceva seguendo la ricetta di Pellegrino Artusi.

Il mio “Buon Natale” ai lettori passa quindi attraverso questo piatto della tradizione, così come lo racconta il gastronomo di Forlimpopoli.
Peccato che attraverso Internet non si possano ancora inviare profumi e sapori. Chissà, forse in un futuro neanche tanto lontano questo sarà possibile…

Intanto, godetevi la lettura in “stile Artusi”.
cappelletti
Da “La Scienza in Cucina e l’Arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi

Ricetta n. 7 – CAPPELLETTI ALL’USO DI ROMAGNA
Sono così chiamati per la loro forma a cappello. Ecco il modo più semplice di farli onde riescano meno gravi allo stomaco.
Ricotta, oppure metà ricotta e metà cacio raviggiolo, grammi 180.
Mezzo petto di cappone cotto nel burro, condito con sale e pepe, e tritato fine fine colla lunetta.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Uova, uno intero e un rosso.
Odore di noce moscata, poche spezie, scorza di limone a chi piace.
Un pizzico di sale.
Assaggiate il composto per poterlo al caso correggere, perché gl’ingredienti non corrispondono sempre a un modo. Mancando il petto di cappone, supplite con grammi 100 di magro di maiale nella lombata, cotto e condizionato nella stessa maniera.
Se la ricotta o il raviggiolo fossero troppo morbidi, lasciate addietro la chiara d’uovo oppure aggiungete un altro rosso se il composto riescisse troppo sodo. Per chiuderlo fate una sfoglia piuttosto tenera di farina spenta con sole uova servendovi anche di qualche chiara rimasta, e tagliatela con un disco rotondo della grandezza come quello segnato. Ponete il composto in mezzo ai dischi e piegateli in due formando così una mezza luna; poi prendete le due estremità della medesima, riunitele insieme ed avrete il cappelletto compito.
Se la sfoglia vi si risecca fra mano, bagnate, con un dito intinto nell’acqua, gli orli dei dischi. Questa minestra per rendersi più grata al gusto richiede il brodo di cappone; di quel rimminchionito animale che per sua bontà si offre nella solennità di Natale in olocausto agli uomini. Cuocete dunque i cappelletti nel suo brodo come si usa in Romagna, ove trovereste nel citato giorno degli eroi che si vantano di averne mangiati cento; ma c’è il caso però di crepare, come avvenne ad un mio conoscente. A un mangiatore discreto bastano due dozzine.

Attenti, Cristella s’è messa La Parananza!

Ecco, si cominciano a vedere i frutti di un bel lavoro di squadra.
Innanzitutto va specificato che per me si è trattato di un gioco, più che di un lavoro. E’ stato possibile grazie alla disponibilità degli operatori e tecnici Tv di trasferirsi nella mia cucina, visto che per qualche mese sono stata agli “arresti domiciliari” in quanto convalescente dalla mia originale e unica avventura sanitaria.
La squadra è un incontro di tre generazioni: i giovanissimi (video di Gianmarco Zannoni, musica di Francesco Fonti e Luca Urbinati, professionali e “precisini”; due ragazze organizzatrici (Simona Mulazzani. direttore di Icaro Tv, che ha avuto l’idea, nonché Francesca Magnoni, segretaria di produzione). E, infine, la vecchietta del gruppo, cioè la sottoscritta, che “strolga” sempre robe di questo genere. E si diverte.
Come diceva una pubblicità di qualche tempo fa: “Una Parananza allunga la vita…”    http://www.youtube.com/watch?v=M5IxKK_B0c0

Ne vedrete delle belle! Anche pasticci vari, quasi come la Parodi, eh eh!

Una principessa a Viserbella. Gossip dell’altro secolo.

Guardando le innumerevoli cartoline d’epoca che, grazie a privati e collezionisti, vanno ad arricchire sempre di più l’archivio dell’associazione culturale Ippocampo Viserba, si può notare come, un tempo, fosse usuale scrivere un saluto o qualche nota anche sul lato illustrato delle stesse. La grafia, sempre arzigogolata come usava allora, trasmette emozioni e curiosità. Fra le tante, non è passata inosservata quella dov’è immortalato un villino di Viserbella, dall’aspetto piuttosto spartano, che pare sorgere in una zona deserta. Una freccia vergata a mano indica testualmente: “Soggiorno della Principessa Luisa di Sassonia Coburgo Gotha”.

viserbellaconscritta

foto archivio Ippocampo

Una vera principessa a Viserbella? E in una casetta così borghese? Maddai! Continua a leggere

L’arzdora blogger alla radio!

Per Cristella ogni giorno salta fuori una roba nuova, che anima il periodo di convalescenza che si prevede ancora piuttosto lungo. Con una semplice telefonata ieri mattina la mia voce è stata sentita in tutt’Italia, in diretta nazionale, grazie al circuito di radio InBlu. di cui fa parte la locale Radio Icaro.

In pratica, sono stata l’ospite speciale di “Tuffo in cucina”, spazio quotidiano all’interno del programma “InBlu Estate”.

Sono stata nominata, seduta stante, “Arzdora blogger” (proprio grazie a questo spazio Cristella.it). E, ridendo e scherzando – senza farmi mancare qualche inciampo dovuto all’emozione – si è discusso di s-ciadùr, tulìr, parananza e… degli immancabili strozzapreti.

Tutto serve a tirare su il morale, a dare una mano alla terapia verso la guarigione, a fare progetti per il futuro (sì, perché, volete scommettere?, al prossimo step ci vediamo in tv!).

Av salùt!

Per ascoltare l’intervista, cliccare qui:  http://cristella.it/up/intervista_radio_icaro.mp3