Appena tornata dall’ufficio.
Una giornata come tante, neanche troppo stressante. Nella media, potrei definirla.
Gente che chiede. Gente a cui ho risposto (o almeno ci ho provato).
Quelli che seguono sono solo alcuni dei dialoghi che ho instaurato oggi (a cui vanno aggiunte decine di telefonate dello stesso tenore), col cervello ormai allenato a… saltare di palo in frasca.
Al prossimo che mi chiede perché Cristella è stressata, lo invito un paio d’ore alla mia scrivania.
- Vengo da Belluno e cerco un lavoro qualsiasi, ma con l’alloggio.
- Mi spiega perché tutti vogliono assumere apprendisti con esperienza?
- Come? A Rimini non ci sono offerte di lavoro in agricoltura?
- Dove si va per le dimissioni volontarie?
- Dov’è finito l’ufficio Cosap?
- Ci sarebbe mica un corso per amministratori di condominio?
- Vorrei fare l’insegnante di sostegno nelle scuole elementari. Ci vuole la laurea?
- Quale autobus prendo per andare all’Inps?
- Ma posso fare la bidella anche se lavoro part-time nell’albergo di mio marito?
- Signora, ma per quell’offerta da necroforo-necroscopo quali requisiti ha detto che ci vogliono? (la mia risposta: “cuore, stomaco e fegato”).
- Voglio iscrivermi all’albo dei fisioterapisti…
- Ci sono offerte di lavoro per il Canada? E sulle navi da crociera?
- Non so leggere, come faccio a consultare le bacheche? Dica, che lavoro cerca? Il cameriere? Ma come se la potrà cavare, poi, con le ordinazioni dei clienti, se non sa neppure leggere?
Capite ora perché, ogni volta che arrivo a metà settimana, penso “non vedo l’ora che arrivi venerdì…”
Ma poi mi chiedo anche “ma perché tanta fretta, Cri? non ti rendi conto che venerdì sarai già più vecchia? non sarebbe meglio godersi l’oggi?”
E infatti, ora che ho buttato giù questo sfogo post-ufficio, vado a rileggermi – con la dovuta calma – il mio rallentatore personale: un brano tratto da un libro di cui non ricordo il titolo, che dice il vero.
La via è la vita
Voler tenacemente raggiungere qualcosa
significa dirigersi verso l’obiettivo per la via più breve,
senza guardare né a destra né a sinistra,
senza fermarsi né tornare indietro.
In questo modo si raggiunge l’obiettivo,
ma non si notano i fiori lungo la strada,
non si vedono le vie laterali che forse
potrebbero avere qualcosa da offrire,
non ci si ferma a godersi il paesaggio.
Ma si procede, ciechi, gli occhi fissi alla meta.
Il cammino è la vita reale.
O, come dice un proverbio cinese,
“La via è la vita”.
Visto che ci sono, propongo anche la ri-lettura (per me e per voi) del post “Férmat, pataca!”
Av salut!