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Ecco a voi “Vis a Vis”: il giornale di Viserba e Viserbella.

La Terra delle Acque, i suoi volti, le storie, i luoghi… Ieri oggi e domani.

Vis a Vis” è la nuova rivista, di cui sono “capo redattore” – uauh! – Continua a leggere

Il 18 ottobre il cielo riminese si illuminerà… piromusicalmente…

Da non perdere.

“L’arte del Made in Italy – spettacolo piromusicale nei cieli del mondo”
18 ottobre ore 20.30 – Rimini, spiaggia del Grand Hotel

“È dalla mia prima vittoria al Festival Internazionale di Arte Pirotecnica, a Cannes nel 2004 con ‘Omaggio a Fellini’, che sogno di mostrare alla mia città uno spettacolo di queste dimensioni…”

Il 18 ottobre, alle ore 20.30 sulla spiaggia antistante il Grand Hotel, per la prima volta a Rimini, andrà in scena  “L’arte del Made in Italy – Spettacolo piromusicale nei cieli del mondo”, promosso ed organizzato da Antonio Scarpato, titolare della Scarpato Pirotecnica, in collaborazione con le aziende Piroemotion di Andrea Scarpato, Pyrodigit di Francesco Losi e Tecnosound di Padova, col sostegno di APT Emilia Romagna, Camera di Commercio Rimini, Confartigianato Rimini, Grand Hotel Rimini e con il patrocinio della Provincia di Rimini e dei Comuni di Rimini e di Bellaria Igea Marina.

La suggestione del luogo: il cielo sopra il Grand Hotel, la magia dei fuochi che illuminano la notte e l’emozione di uno spettacolo in cui i fuochi d’artificio danzano in perfetta sincronia sulle note di musiche che toccano il cuore, grazie ad un sofisticato sistema computerizzato, sono gli ingredienti della kermesse offerta da Antonio Scarpato alla città di Rimini e agli ospiti presenti in occasione delle giornate del “TTG-TTI”, la manifestazione fieristica dedicata al business turistico.

Con questo spettacolo, che nella primavera scorsa ha illuminato il 13° Simposio Mondiale dell’Arte Pirotecnica a Malta, ad agosto Antonio Scarpato si è aggiudicato il 1° Premio Piro musicale di Knokke-Heist in Belgio. E questi sono solo i più recenti degli importanti impegni e riconoscimenti internazionali di Antonio Scarpato che, in questi ultimi anni, è passato di soddisfazione in soddisfazione, di podio in podio; dalle vittorie ai principali Festival di Arte Pirotecnica alla realizzazione di spettacoli unici come i campionati del mondo di calcio (Berlino 2006).

“Doveva essere la presentazione dei miei prodotti ad importanti buyer internazionali ed è diventato il coronamento di un sogno – dice Scarpato in merito all’evento – Durante il Simposio di Malta mi è venuta l’idea di invitare a Rimini alcuni buyer di nuovi e interessanti mercati, come la Russia e in generale l’est europeo. Alcuni si erano infatti mostrati molto interessati alla qualità del prodotto pirotecnico made in Italy, assemblato con maestria e talento, garantito e sicuro. L’idea di organizzare un evento dimostrativo, con la finalità di far convergere a Rimini questi estimatori del made in Italy, mostrandogli, oltre ai fuochi d’artificio, anche una città bella e vivace, dinamica, intelligente e tipica, con l’auspicio che possano in futuro sceglierla anche come meta delle proprie vacanze, ha riacceso in me un vecchio sogno. Grazie alla collaborazione di molti (aziende partner, istituzioni, amici) e cogliendo la concomitanza dell’incontro internazionale degli operatori turistici presenti a Rimini per gli incontri del TTG e TTI, ho trasformato quella che doveva essere una presentazione personalizzata in un grande evento per tutti, con le caratteristiche di uno spettacolo come a Rimini non è stato mai presentato.”

Le migliori kermesse piromusicali del mondo hanno come sfondo il mare, ed è da quando Antonio Scarpato  vinse il primo premio al Festival Internazionale di Cannes, con lo spettacolo ‘Omaggio a Fellini’, che sogna di portare a Rimini una manifestazione di tali dimensioni. Dalla Promenade de la Croisette a piazzale Fellini, col Grand Hotel a fare da scenario unico e straordinario, memorabile a vedersi… “L’arte del Made in Italy – Spettacolo piromusicale nei cieli del mondo” vuole dunque essere un saggio di quello che potrebbe essere un appuntamento internazionale d’arte pirotecnica, con i migliori maestri del fuoco del mondo a contendersi il podio più alto, nella nostra città.
L’appuntamento è quindi per tutti, cittadini e ospiti, il 18 ottobre alle ore 20.30 quando, dalla spiaggia del Grand Hotel, partiranno i più straordinari fuochi d’artificio musicali mai visti prima.

Scarpato Pirotecnica Premi e grandi spettacoli

2004: 1° Premio Cannes, Festival Internazionale dell’Arte Pirotecnica
2005: 1° Premio Courchevel, Festival Internazionale
2005: Spettacolo “Hommage à Fellini” per la chiusura del Festival del Cinema di Cannes
2006: Spettacolo Ufficiale al Fireworks Symposium Osaka (Giappone)
2006: 1° Premio “Millefuochi” Campionato Italiano
2006: Festeggiamenti Mondiali di Calcio di Berlino
2006: Spettacolo Ufficiale al Fireworks Symposium Berlino (Germania)
2006: 1° premio al Festival Internazionale Piromusicale Berlino
2007: 1° premio al Festival Internazionale Piromusicale di St.Brevin Les Pins (Francia)
2007: 1° premio al Festival Internazionale Piromusicale di Puy du Fou (Vandea – Francia)
2009: 1° premio Creativity Award Berlino Pyromusikale EDDA 2009
2010: Campionato Mondiale Fuochi d’artificio “Fiori di Fuoco”
2011: Spettacolo piromusicale per inaugurazione del nuovo Palacongressi di Rimini
Capodanno 2006-2007-2008-2009-2010: Rimini, spettacolo pirotecnico in diretta RAI
Notte Rosa, 2006-2007-2008-2009-2010 48 km di spettacoli sulla riviera romagnola

Viserba, il delitto Pascoli e Pajarèn (detto Bigecca)

“Primo verdetto di colpevolezza dopo 145 anni per l’omicidio di Ruggero Pascoli, il padre del poeta. E’ stato rovesciato il verdetto del 2001: per la prima volta il celebre omicidio Pascoli ha tre nomi: Pietro Cacciaguerra, mandante, Michele Della Rocca e Luigi Pagliarani, esecutori…”

E’ cronaca di questi giorni. Il tribunale, dopo 145 anni, ha finalmente condannato coloro che, al tempo, furono solo sospettati.

Una storia, il delitto Pascoli, che s’intreccia in varia maniera con quella di Viserba.

Il primo riferimento è su quel Pagliarani (detto “Bigecca”) indicato come uno dei due sicari. Pare fosse un avo del nostro poeta Elio Pagliarani, come raccontato da quest’ultimo nell’autobiografia (Pro-memoria a Liarosa) nel brano riportato qui sotto.

L’altro riferimento (un intreccio davvero intrigante…) è con la vicenda della famiglia della mia amica viserbese Donata Ciavatti, che nel libro “La forza del coraggio” racconta la storia del bisnonno, Pietro Giani, condannato innocente per il delitto di un fattore della tenuta dei Torlonia. Dopo aver passato 28 anni alla catena Giani fu liberato grazie alla confessione del vero colpevole. Donata ipotizza, nel suo libro, che il bisnonno fosse stato incarcerato per il delitto Pascoli (i tempi e i luoghi corrispondevano), ma non è mai riuscita ad approfondire per la sparizione di alcuni documenti giudiziari.

Ma forse il testo di Elio Pagliarani porta luce sull’ipotesi di Donata: che il delitto del fattore fosse quello di Gori, l’altra vittima citata nel Pro-memoria?

Lancio a chi di dovere (o a chi “di piacere”) la sfida di un ulteriore approfondimento di queste ricerche storiche, mentre vi lascio alla lettura del capitolo del Pro-memoria in cui Elio parla dei Pajarèn e di Mariù Pascoli.

“I tre rami dei Pagliarani. Mariù Pascoli”.

(di Elio Pagliarani, da “Pro-memoria a Liarosa, Marsilio Editore 2011).

Come mi spiegò una ventina d’anni fa il fratello di Tonino Guerra, son tre i rami dei Pagliarani diramatisi dalla zona di Sant’Arcangelo; quello di ricchi o benestanti, detto dagli amici non ricordo più se Pajarèn ‘dla Chesa o Pajarèn ‘dla Piaza, perché avevano case nella piazza principale di Sant’Arcangelo, mentre dai nemici il loro capofamiglia era detto Pajarèn e’ Brot, Pagliarani il Brutto, perché evidentemente non abbondavano in prestanza; i Pagliarani poveri erano divisi in due sottogruppi, quelli poveri e bonaccioni o lamentosi erano chiamati Pajarèn Bisugnèn (bisognevole?, bisognoso?), mentre quelli da prendere con le molle erano i Pajarèn S-ciupàz (da schioppo): dunque non soltanto mio nonno, ma anch’io sono un Pajarèn S-ciupàz; fino a vent’anni fa credevo che fosse soltanto il soprannome del nonno, invece Guerra mi spiegò bene che riguarda tutto un ramo, come ho detto. E credo proprio che fosse il ramo così tanto odiato da Mariù Pascoli.

I miei Pagliarani stavano a Casale almeno dal Seicento, mezzadri dei frati del convento (dunque dimezzati anch’essi, ma senza l’onta di un padrone diretto, fisicamente concreto e concretizzabile) e il nonno Cesare verso la fine dell’Ottocento si fece dare la sua parte di stime e uscì dalla  terra, diventando commerciante di cavalli e di bestiame in genere. Casale è a due o tre chilometri da San Mauro, e ci confina, e Mariù Pascoli come ho detto odiava talmente i Pagliarani da subire un giudizio e pagare una penale di venticinque lire per essersi rifiutati, lei, e assecondata da Giovanni, di ricevere in casa loro a Castelvecchio di Barga una domestica, Nina, fatta assumere dai loro parenti Pascoli in Romagna, appena seppero che faceva di cognome Pagliarani. E certo un Pagliarani, Luigi, detto “Bigecca” fu indiziato, con altri e poi prosciolto in istruttoria, nelle indagini sull’assassinio di Ruggero Pascoli, come racconta appunto Mariù nelle sue memorie. Me lo segnalò Mario Luzi, una volta che lo incontrai (in Georgia, Urss, nel ’66), e appena mi fu possibile cercai di documentarmi sulla faccenda. Intanto ero sicuro che se la mia famiglia fosse stata coinvolta nell’assassinio del Pascoli l’avrei saputo, se non altro perché a Viserba abitava quel chiacchierone arteriosclerotico del ferroviere in pensione Tognacci, di San Mauro, e grande amico della famiglia Pascoli (oltre che padre di quel mio professore di disegno). Lui che allevava pere così grandi (una volta – raccontava – chiamò la moglie, e quella rispose immediatamente e il suono della voce gli fece capire che era vicinissima, ma lui non riusciva a vederla: per forza, stava nascosta dietro una pera!) avrebbe gridato dietro “Assassino!” anche a me bambino, quando passavo vicino a casa sua, fossimo stati in qualche modo implicati nella faccenda (un sacerdote Tognacci battezzò proprio Giovanni e altri figli di Ruggero Pascoli).

Quanto a Bigecca, c’è da dire che fra quelli che lo scagioneranno c’era anche Raffaele Pascoli, detto “Felino” fratello minore di Giovanni, e dico il fratello minore buono, non la pecora nera della famiglia Pascoli, cioè Alessandro Giuseppe, che aveva tre soprannomi, come si legge nelle memorie di Mariù: nei momenti buoni era detto Peppe, nei momenti così “Lascaro” e nei momenti peggiori “Paglierani” (qui con la ‘e’) anche perché aveva, secondo Mariù, anche la colpa di aver sposato una vedova Pagliarani con relativi figli di primo letto.

La verità più probabile di questo odio di Mariù è invece dovuto al fatto, secondo me, che Luigi e altri Pagliarani erano o erano stati compagni di osteria e di discorsi socialisteggianti, non solo dei fratelli minori Raffaele e Alessandro Giuseppe, ma anche dello stesso Giovanni, il quale anche se probabilmente non bazzicò mai osterie ebbe da giovane trascorsi e amicizie anarchiche e socialiste, come sappiamo, e si beccò anche il carcere a Bologna semplicemente per essere andato ad assistere al processo di Andrea Costa.

A proposito del delitto Pascoli voglio anche ricordare che in quel periodo non fu ucciso soltanto il fattore-capo o intendente Ruggero Pascoli, ma anche un fattore Gori, sempre alla tenuta La Torre dei Torlonia: anche i Gori fecero a suo tempo le loro indagini e il risultato fu il medesimo di quello di un’inchiesta ufficiale o ufficiosa sul delitto Pascoli: certi mesi dell’anno i mezzadri della tenuta La Torre usavano arrotondare le loro entrate facendo un notturno e ovviamente clandestino contrabbando di sale delle vicine saline di Cervia, e a un certo punto Ruggero Pascoli volle impedirlo, sia perché la faccenda era contraria alle legge sia perché i contadini rendevano di meno nel lavoro dei campi in quel periodo in cui la notte facevamo i contrabbandieri: in questo clima maturò l’assassinio dei fattori Pascoli prima e di Gori poi, ci sia stato o no qualcuno che – come ha sempre pensato Giovanni Pascoli – abbia manovrato la faccenda per carpire l’importante incarico che Ruggero Pascoli aveva nella tenuta dei Torlonia.

“Se tu fossi quella che io direi dovresti essere…”

Giuseppe Argenziano, 75 anni, è un pensionato che ama la poesia.
Laureato in geologia, ha insegnato al liceo scientifico di Termoli (CB) e poi, per 10 anni. all’Istituto Professionale Alberti di Rimini. Abita a Santa Giustina ed è socio della Banca del Tempo Q5 di Rimini.

Nella 4^ edizione del premio letterario “Città di Corridonia”, dal titolo “Voci della nostra gente”, è stato segnalato come autore in rappresentanza della Romagna, per la poesia, “Ricordi”, dove Argenziano racconta di un amore vissuto da giovane..

Ma a Cristella piace molto anche “Ti voglio così come sei”, poesia dedicata alla moglie Maria Maura, anche lei socia della Banca del Tempo.

Ti voglio così come sei (di Giuseppe Argenziano)

Se tu fossi

quella che io direi dovresti essere

non saresti

quella che tu sei.

Mi fai soffrire

mi fai star male

mi fai impazzire,

ma cosa sarei io

se tu non fossi

quella che tu sei.

Che vita sarebbe la mia

che angoscia sarebbe per me.

Che cosa io farei

se tu non fossi

quella che tu sei.

Ti amo

e sei la sola.

Ti adoro.

Ti voglio per me.

Sei gioia

vita

chimera.

Sei

quella che tu sei

e sei la mia unica donna.

 

 

 

 

La fantastica storia di Talacia e del suo orologio gigante.

Venerdì 20 luglio 2012, alle 21.30 in piazza Pascoli a Viserba, l’attrice/cantante Liana Mussoni, accompagnata dalle musiche di Tiziano Paganelli e con intermezzi di Mario Bianchini, porterà in scena “L’orologio di Talacia”.
Lo spettacolo racconta la curiosa storia di Gennaro Angelini, detto “Talacia” (n. 1874 – m.1956) contadino semianalfabeta e genio inventore. Nell’arco di più di trent’anni costruì una meravigliosa “macchina del tempo”, che suscitò l’interesse anche di giornalisti stranieri e su cui l’Istituto Luce girò un documentario.
L’orologio di Talacia, lungo sei metri e perfettamente funzionante, era costituito da ingranaggi ricavati da pezzi di legno, arcolai, catene di bicicletta, corde. Segnava minuti primi e secondi, quarti, mezzore, ore, giorni, settimane, mesi, stagioni, anni ordinari e bisestili, fasi lunari, costellazioni, lustri, decenni, secoli, millenni.
La fantastica creatura, crescendo un pezzo alla volta, stava appesa alla stalla, convivendo col placido ruminare dei buoi, nella casa colonica a fianco della chiesa di San Martino in Riparotta, il borgo sulla via Emilia da cui ha avuto origine Viserba e da cui dista un paio di chilometri.
Liana Mussoni nel suo spettacolo sa evocare l’atmosfera di quei tempi e la magia della storia di questo geniale inventore naif.

Lo spettacolo è organizzato dall’associazione “Ippocampo Viserba” (Laboratorio Urbano della Memoria), con la collaborazione di Playa Tamarindo, alcuni alberghi della zona, Comitato Turistico, parrocchia di Viserba Mare.  
L’ingresso è libero.

Per il pomeriggio di domenica 22 luglio, dalle 16 alle 19, i soci di Ippocampo organizzano una visita guidata alla chiesa di San Martino in Riparotta, dove il parroco don Danilo, con la collaborazione del Met (Museo degli Usi e dei Costumi della gente di Romagna) di Santarcangelo è riuscito a riportare l’orologio che per diverse ragioni era stato smontato e trasferito in altra sede.

Per le visite “libere”, la sagrestia è aperta ogni domenica mattina.
Per eventuali prenotazioni tel. 0541 740602.

Quidi seguito, un bell’articolo di Marzia Mecozzi (dal sito di Ippocampo Viserba).

L’orologio di Talacia. La ricerca del Tempo nella stalla di Angelini Continua a leggere