Visto, si stampi: “i còmbri” son maturi

ESTERNO GIORNO. VISERBA.

Un caldissimo pomeriggio d’inizio estate. Due giovani collaboratori della nuova Frutteria “Da chi Zuclòn”, seduti all’ombra a uno dei tavolini del giardino, stanno meditando dubbiosi di fronte ad un grande cartello. Pennarello in mano, vedono passare Cristella e non perdono l’occasione.

“Cri – chiama Angelo – ci puoi dare una mano?”

Come rifiutare la richiesta d’aiuto di un bel giovanotto? Ma che vorrà mai?

“Vorremmo scrivere una cosa in dialetto, ma non siamo sicuri”.

“Proviamo. Com’è la frase in italiano?”

“Abbiamo i cocomeri più buoni”.

Beh, la prima risposta è tutta cesenate: “Avém i combàr piò bòn”.

E, invece, Cristella ha dimenticato, per un attimo, che qui siamo a Viserba e la lingua della mamma va sostituita con quella, acquisita, della suocera. ‘Còmbar’ u’n và bén, suona un po’ stonato.

Seduta poco distante, che si gode uno dei freschi e colorati aperitivi della Frutteria, c’è a portata di voce la mamma del Re Consorte, Malvina. Riminese doc, la bionda signora conferma ad Angelo: “us dìs avém i còmbri piò bòn!

Visto, si stampi! Il cartello ora fa la sua bella figura di fronte al locale e richiama i passanti accaldati. Perché, con ‘sti caldi… una bella fetta ad còmbri l’è propri quèl cu’i vò.

Ma, vogliamo approfondire l’argomento, in stile Cristella?

Ecco cosa scrive Gianni Quondamatteo nel suo Dizionario Romagnolo Ragionato.

Còmbri. Cocomero, anguria.

Pl. combre, chèmbri.  Morri, comar e gòmbar. Ercolani, còmar e còmra. S’t’vu che i còmar  i vegna gròs coma un baril, piànti la prima zobia d’abril (se vuoi che i cocomeri vengano grossi come un barile, piantali il primo giovedì di aprile”). La festa di còmar (festa dei cocomeri) si svolgeva in varie località della Romagna il giorno dell’Assunta, il 15 agosto. Badè i combre (badare i cocomeri), perché non li rubassero. Vi erano adibiti i ragazzini.

E questo che segue, invece, si trova a pag. 22 di “Trama e ordito, mamme che tessono la vita”, di una certa Maria Cristina Muccioli (ed. Il Ponte Rimini, 1999).

Spesso al centro del canepaio i contadini erano soliti collocare la “gumbarèra” (il campo dei cocomeri). Il muro verde della canapa, alto più di due metri, aveva due funzioni: innanzi tutto quella di nascondere i cocomeri alle tentazioni dei passanti e dei bambini del vicinato; la seconda invece era quella di nascondere il gustoso prodotto alla vista degli invidiosi. La credenza popolare infatti riteneva che se qualcuno segnava “con il dito indice un qualche cocomero, indicandolo ad altri” quel cocomero non poteva giungere a maturazione o non avrebbe assunto la colorazione rossa.

La fontana dei cocomeri di Viserba

Va ricordato anche che fino a qualche decennio fa a Viserba c’era la “fontana dei cocomeri”, di cui rimane ancora qualche segno nella massicciata della ferrovia (ora via Mazzini).  Si usava per tenere i cocomeri al fresco, una sorta di frigorifero collettivo. Si trovava in fondo a via Roma: una delle tante fontane che caratterizzavano la nostra “Regina delle acque”. Nel sito di Ippocampo Viserba, laboratorio urbano della memoria, ne sono pubblicate due rare foto dei primissimi anni del 1900 (n. 1 e n. 2 catalogate sotto il titolo “Fontana di via Roma”, v. link).

Adesso chiudo, l’è trop chèld: vado giù alla Frutteria. Angelo e Marco mi aspettano, eh eh!

Un pensiero su “Visto, si stampi: “i còmbri” son maturi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.