Borsanìra, Fis-ciòun, Maza cris-cèn e gli altri: ma che curiosi, i soprannomi di Viserba e Viserbella

Ma tu non sei il nipote di…

Articolo pubblicato su Il Ponte del 23 ottobre 2011

Iniziata quasi per scherzo nell’estate 2010, la raccolta dei soprannomi di Viserba e Viserbella ha superato ogni aspettativa. Si tratta di un progetto dell’associazione culturale Ippocampo (laboratorio urbano della memoria), nata per mantenere vive le caratteristiche del territorio che col tempo rischiano di essere dimenticate. Luoghi, storie, tradizioni, ricette, personaggi più o meno famosi.

Consapevoli che in Romagna quando si parla di persone e di famiglie si deve passare dai rispettivi soprannomi, i soci di Ippocampo stanno esplorando questo aspetto.

Per il momento la ricerca è circoscritta alle zone di Viserba e Viserbella.

Come s’è svolta l’indagine?

“Abbiamo invitato i nostri concittadini a raccontarci i soprannomi di famiglia chiedendo anche le motivazioni, la provenienza territoriale del casato, i mestieri dei nonni e dei bisnonni – rispondono gli ‘ippocampini’ – Siamo stati presenti coi nostri elenchi al banchetto settimanale durante il mercatino estivo organizzato dal Comitato Turistico in piazza Pascoli. La gente arrivava anche con foto di famiglia e racconti, arricchendo così il nostro archivio che, in parte, stiamo mettendo a disposizione sul sito www.ippocampoviserba.it. Ma ci siamo mossi anche con mezzi più tecnologici, proponendo la ricerca su Face Book.”

Ridendo e scherzando l’elenco è arrivato a circa 300 soprannomi, molti dei quali arricchiti da notizie prese da libri di autori viserbesi o ascoltate dalla viva voce dei testimoni della memoria.

“Per ora li abbiamo semplicemente elencati in ordine alfabetico. Ma in futuro, sponsor permettendo,  vorremmo ricavarne un libro, con approfondimenti e divagazioni varie.”

Ecco una carrellata veloce sui soprannomi più noti e curiosi: Baiuchèla, e’ Big,  Bigiaia, e’ Bog, Brustìga, Falpòun, Fis-ciòun, Garnèla, Gramégna, la Bagécca, Marnéin, Marnòun, Mazasèt, Mòzli, e’ Péc, Pigiama, Pirc, Pirèta, Pirinèla, Ragnòun, Ras-cia blig, Runghìn, Saibadòn, Sbavàc, Scrulìn, Spranghìn, Zanzanòun, Zuclòun.

E che dire di Bigin d’e’ Birèl? Claudicante, è stato  il primo postino di Viserba. Simpatico anche e’ Gnéz, cioè il sarto Giuseppe Domeniconi, così chiamato per un tipico movimento delle labbra. “Raccontava barzellette ed era un bravo ballerino: in una gara ballò senza fermarsi per due giorni e due notti, stancando l’orchestra”, ricordano i suoi concittadini. Maza cris-cen (ammazza cristiani) era Nazzareno Bartolini, viserbese importato, essendo originario di San Marino. “Lo chiamavano così perché quando viveva sul Titano portava sempre una roncola per difendere dai ladri le piante di ciliegi di cui era custode”, spiega il nipote. Su Borsanìra (i De Nicolò di Viserbella) va subito detto che non ha attinenza col mercato sottobanco. Il capostipite, infatti, si chiamava Guglielmo ed aveva la borsa di tabacco sempre legata in vita, tanto usata da diventare nera. Un’abitudine che ha battezzato per sempre anche i suoi figli e che oggi individua nipoti e pronipoti.

Perché il soprannome rimane, come un’eredità che non si può rifiutare.

Stesso destino per chi firma queste righe: una Panarèta del ramo dei Muccioli proveniente dalla zona del basso Rubicone (Gambettola, Gatteo, Sala di Cesenatico, Savignano). Soprannome che probabilmente deriva dal mestiere degli avi, visto che il panarèt, come scrive Gianni Quondamatteo nel suo Dizionario Romagnolo, è un “panierino, cestello, canestro di vinco o altra fibra vegetale. Le contadine se ne servivano per portare al mercato uova e formaggio. L’ha un bèl panarèt: il sederino ben disegnato di una giovane.”

Ogni riferimento personale su quest’ultimo modo di dire è, ovviamente, puramente casuale.

Maria Cristina Muccioli (la fiòla ad Panarèt)

 

La voce del dizionario

Ecco cosa riporta, alla voce soranòm, il Dizionario Romagnolo Ragionato di Gianni Quondamatteo.

“In Romagna è molto frequente l’uso del soprannome. E soranòm colpiva sia il singolo individuo, sia il nucleo familiare. Accompagnava il primo dall’infanzia fino alla morte, accompagnava il secondo di generazione in generazione. Impietoso o meno, ridicolo o no, il soprannome personale aveva cento motivazioni cui aggrapparsi, mille giustificazioni da addurre: muoveva da un tratto caratteristico del fisico, a un portamento, difetto, inclinazione, fino alle pieghe del carattere, del cuore, del sentimento. La fantasia, la creatività, l’inventiva nel campo dei nomignoli meriterebbe ben altra attenzione. Restiamo in superficie: il nomignolo colora, accarezza, fotografa colui cui è stato affibbiato: l’ironia è molto spesso presente, la politica non manca, così come, a torto o a ragione, la guerra e i grandi avvenimenti. Il nomignolo del gruppo familiare nasceva spesso, invece, da una distorsione del vero cognome, da una vecchia professione o attività, dal luogo di origine. Il fatto è che nel passato nove persone su dieci, e anche più, conoscevano Bruglìn e non Giovanni Fabbri, Saraghìna e non Giuseppe Rossi. E spesso era il manifesto funebre che ci rivelava, è proprio il caso di dire ‘in extremis’, il vero nome dell’amico defunto.”

 

I soprannomi della via Sacramora negli anni ‘40

La prima lista di soprannomi è stata fornita all’associazione Ippocampo da un Pilincìn (Augusto Morolli, classe 1932). Si tratta di un elenco, comprensivo di note sulla professione esercitata, delle famiglie che abitavano lungo la via Sacramora negli anni immediatamente precedenti la Seconda Guerra Mondiale.

Dalla ferrovia Rimini-Bologna alla via Marconi (ex fabbrica Corderia).
Via Sacramora, lato  mare.
Brand (Brandi); Zuglien (Colonna); Ceschina, signore di Milano proprietario terriero, “pantira”, campo lavorato in ortaggi e grano (era un appezzamento di terreno diviso in pezzi di circa 3000 mq e affittato dai signori Ceschina alla gente del luogo per coltivazione di ortaggi e grano); Rusoin (Polverelli); Gurir (Fabbri);
Aneli (Anelli, operatore ecologico); Berlucin (Pironi); Angiulon (Borghini); Vanoin (Giovanardi, osteria, tabacchi, alimentari); Zigli (Cesari); Furtuna (Tosi); Fonte Sacramora; Minoin (Betti); Gigiola (Garattoni); Palin (Sartini); Palin ad Rusul (Parma); Marchisen (Faini); Magioli (Maggioli); Zangri (Zangheri); Manghin (Bartolucci, falegname); Corbel (Corbelli); Zigercia (Selva); Giovagnoli (Giovagnoli); Bisugnen (Pagliarani); Brancon (Zangheri); Pirin (Lombardi); Pasuloin (Pasolini); Mazacris-cen (Bartolini); Ros (Rossi); Pavac (Ardini), Falpon (Rossi).

Via Sacramora, lato monte.
Burlon (Galvani), Brandin (Brandi, lavoravano il terreno agricolo posto sulla strada che porta all’entrata secondaria del cimitero, vicino alla vecchia chiesa chiamata ‘La Porticina’, serviva per l’entrata pedonale agli abitanti lato nord di Rimini); Quadriloin (Astolfi); Palamai (Giuglianelli); Giarin ad Palamaia (Giuglianelli, infermiere); Pavlet (Garattoni); Pirinela (Rinaldini, ferroviere); Barloin (Berlini); Duca (Pesaresi); Zamagna (Zamagni); Galli (Galli); Ruglin (Pesaresi); Belavesta (Bellavista); Laghi-Vanini (signori proprietari terrieri); Purzloin (Porcellini); Tonti (signore proprietario terriero); Pasquin (Ciclamini); Misiria (Donati); Burcet (Mengucci); Beloc (Pironi); Bason (Beletti); Miscela (Bezi); Murador (Muratori); Burc (Mengucci); Turini ad Pilincin (Morolli, falegname); villa contessa Carini, signori di Roma, poi di Gattegno e successivamente di Cameo, Tugnin (Morri, custode villa Carini); Pilincin (Morolli); villa Morri (Morri, farmacista, proprietario terriero); Giani (Zamagni, custode villa Morri); Bigiaia (Ceccarelli, carbonaio); Limpio (Bianchi, fabbro); Patot (Mazzotti); villa Pozzi (proprietario terriero).

 

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