De porci tenendis: quando a Rimini il maiale di S. Antonio vagava libero per la città

Sant’Antonio fa il dottore, fa il dottore al suo animale, chi lo prega non fa male…

Ha il suo posto d’onore, nel calendario, il 17 gennaio, quindi fra qualche giorno. Al suo nome sono intitolati paesi, chiese, piazze. In Italia è molto venerato, soprattutto nelle campagne. E pensare che si tratta di un extracomunitario, essendo nato in Egitto (chissà come la pensano i “credenti” che votano Lega?).

Sant’Antonio Abate aveva la sua immaginetta in ogni stalla o ricovero per animali, essendo, appunto, venerato come e’ dutor d’al bes-ci (il dottore delle bestie). L’iconografia medievale tendeva a raffigurare il Santo vestito da frate, con il campanello, il maiale (gli altri animali compariranno dopo) e il “fuoco di Sant’Antonio”, il simbolo del fastidioso herpes zoster degli uomini che i frati antoniani curavano proprio con il grasso dei suini conventuali, liberi di vagare anche per le strade urbane alla ricerca di cibo, spesso al suono di una campanella in mano a un religioso questuante.

Questo (di poter allevare i porci nelle città) era un privilegio antico, secondo alcuni statuti risalente al 1095, confermato con bolla papale nel 1523.  Anche negli Statuti Comunali riminesi si parla di questa eccezione:

tutta la popolazione si preoccupava, indistintamente, di dar da mangiare a questi animali cittadini.

Dal libro quarto, cap. 10, rubrica CXXI.

De porci tenendis et quomodo (Tenuta dei porci).

E’ stato stabilito ed ordinato che se qualcuno vorrà tenere i maiali o le scrofe nella città o nei borghi di Rimini, dovrà custodirli in modo che non vadano per le strade della città o dei borghi di Rimini. E chi trasgredirà, verserà per sanzione pecunaria per ciascuna volta 10 soldi ravennati. ( … ) Tuttavia non si applicherà tale norma per i maiali di S. Antonio (nec atiam intelligatur de porcis Sancti Antoni).

“I maiali di S. Antonio – spiega una nota al volume che ho consultato (Rimini e la tutela della città. Legislazione di nettezza urbana dall’epoca romana al XIX secolo, a cura di Anna Falcioni, Bruno Ghigi Editore Rimini 1994) – erano così chiamati perché venivano uccisi e dati in beneficenza ai poveri in occasione della festa di S. Antonio (17 gennaio). Detti maiali appartenevamo alla comunità (erano di tutti e di nessuno) e venivano allevati lungo le strade della città.”

Nel 2010, invece, a Rimini cosa succede? Guardate qui la  fotocronaca.

E, per gradire, qualche proverbio su S.Antonio:

Sant’Antoni da la bèrba biènca,

se un la j a, poc u i mènca.

(Sant’Antonio dalla barba bianca, se non l’ha fatta, poco ci manca – la neve)

Par sant’Antoni abèt,

e’ témp us slonga d’un’ora e un quèrt

(Per Sant’Antonio Abate, i giorni si allungano di un’ora e un quarto).

Par Sant’Antoni una gran fardùra,

par San Lorenz una gran calùra.

l’ona e l’ètra poc la dura.

(Per Sant’Antonio una grande freddura, per San Lorenzo – 10 agosto – una grande calura, l’una e l’altra poco durano)

Av salùt!

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