Dop un sonn c’u n’ fneva mai… (sperémma!)

La majè: cioè la maggiolata. Festa di calendimaggio, cantar maggio.

Festa pagana, forse, convertitasi col tempo in festa cristiana. Poiché majo, nell’antichità, significava sia maggio, sia ramo fiorito e ramo d’albero in genere, è difficile stabilire se la nostra majè sia la versione dialettale di majata derivante da majo mese o da majo ramo fiorito.

La majè durava a Ravenna una o due settimane, e vedeva scendere in città, nei vecchi tempi, brigate di ragazze a dire la ventura e a cantare la primavera che sbocciava: il “ben venga maggio”.

La superstizione voleva anche che il rito di adornare di rame di betulla i davanzali impedisse alle formiche di entrare in casa e cagionar danno. La Majè (La Maggiolata) è anche un notissimo componimento di Aldo Spallicci, musicato da Cesare Martuzzi, eseguito per la prima volta al Trebbo di Monte Maggio nel 1910. Si tratta della prima “canta” su testo d’autore composta in Romagna.
Dop un sonn c’u n’ fneva mai

la campagna la j è ‘d fèsta

E e’ mi gal alzend la cresta

l’à cantè: chirichichì!

Dopo un sonno che non finiva mai, la campagna è in festa, e il mio gallo alzando la cresta, ha cantato chirichichì!
Tu la rama la piò bèla,

strapa i fiùr ch’it piis a te

Spiana come par un re

al finestar dla mi cà.

Tu la bdòla la piò bèla

strapa i fiur ch’it piis a te

che al furmigh al n’à d’antrè

a magnèr int la mi cà…

Prendi il ramo, il più bello, strappa i fiori che piacciono a te, sistema come per un re, le finestre della mia casa. Prendi il pioppo, il più bello, strappa i fiori che piacciono a te, che le formiche non devono entrare a mangiare in casa mia…
Da “Agenda storica 1999” a cura di Maurizio Matteini Palmerini:

I nostri contadini si sono tramandati un originale metodo di lotta contro le formiche: nella giornata del 1° maggio, al mattino di buon’ora, raccoglievano ramoscelli di pioppo, ma anche di biancospino, di gelso, di olmo ed i fiori più diversi che poi legavano insieme alle porte e alle finestre e persino sul tetto della casa. Questa consuetudine, molto probabilmente residuo di un antichissimo culto agreste, aveva lo scopo di propiziare ed assicurare l’abbondanza dei raccolti e, contemporaneamente, di impedire l’ingresso in casa delle formiche o di nasconder loro la via della dispensa. Questo straordinario potere era attribuito in modo particolare ai rami di pioppo, poiché, sempre secondo la tradizione popolare romagnola, con questo legno era stata costruita la croce sulla quale morì Gesù Cristo.

2 pensieri su “Dop un sonn c’u n’ fneva mai… (sperémma!)

  1. Danda

    Come al solito arrivo tardi e scopro queste belle cose!
    E che dire dei rimedi contro le formiche? Orsù, a me dei ramoscelli di pioppo! 😀

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