Fra tutti gli oggetti…

Fra tutti gli oggetti

Fra tutti gli oggetti più cari
sono per me quelli usati.
Storti agli orli e ammaccati, i recipienti di rame,
i coltelli e forchette che hanno di legno i manici,
lucidi per tante mani; simili forme
mi paiono di tutte le più nobili. Come le lastre di pietra
intorno a case antiche, da tanti passi lise, levigate,
e fra cui crescono erbe, codesti
sono oggetti felici.
Penetrati nell’uso di molti,
spesso mutati, migliorano forma, si fanno
preziosi perché tante volte apprezzati.
Persino i frammenti delle sculture,
con quelle loro mani mozze, li amo. Anche quelle,
vissero per me. Lasciate cadere, ma pure portate;
travolte sì, ma perché non troppo in alto stavano.
Le costruzioni quasi in rovina
hanno ancora l’aspetto di progetti
incompiuti, grandiosi; le loro belle misure
si posson già indovinare; non hanno bisogno
ancora della nostra comprensione. E poi
han già servito, sono persino superate. Tutto
questo mi fa felice.

Bertold Brecht, 1932
Amo molto questa poesia.
E’ la giusta introduzione all’articolo che ho scritto per l’ultimo numero di Rimini In Magazine, in questi giorni in distribuzione in città. Penso che anche Maurizio, l’intervistato, condivida la magia degli oggetti “storti agli orli e ammaccati”.

Questa foto l’ho scattata io durante l’intervista. Sulla rivista ce ne sono di molto più belle, fatte da un professionista.

Maurizio Urbinati con la bicicletta del caldarrostaio

Ecco di seguito il testo dell’articolo.

Lasciarsi guidare da un collezionista nel regno di sua competenza significa entrare in un mondo affascinante, a prescindere dal tipo di oggetti di interesse.

La luce degli occhi, il calore dei racconti, i gesti che accarezzano sono sintomi di una passione che non fa sconti: ti prende al cento per cento.

Nel caso di Maurizio Urbinati, di professione fornaio in quel di Santa Giustina, l’amore e l’interesse per il passato si esprimono in mille maniere. Un esempio? Ha acquistato un antico mulino, nell’alta Valmarecchia, per non farlo cadere nell’oblio. Lo ha ristrutturato “com’era e dov’era” per il gusto di farlo, per non consegnarlo alla speculazione edilizia, per il piacere di respirare l’atmosfera del tempo che fu. Anche la casa di Maurizio, nelle campagne fra Santa Giustina e Torre Pedrera, è una sorta di museo etnografico. Mobili, strumenti di lavoro, accessori, oggetti già appartenuti e usati: tutto con un’anima, nulla di serie. Carrozze e calessi per cavalli, auto d’epoca, motociclette vintage come Vespe e Lambrette, biciclette a due o tre ruote.

Tante biciclette, almeno una trentina, con una caratteristica ben definita: tutte sono – meglio dire “erano” – strumenti di lavoro.

“Nei ricordi della mia infanzia – racconta Maurizio, nato nel 1956 – c’è l’arrotino con i suoi richiami per le massaie. E proprio di questo artigiano a domicilio è la prima bicicletta che mi affascinò, diversi anni fa, in un mercatino di Reggio Emilia. Da lì prese il via la mia collezione di quelle che potrebbero definirsi ‘botteghe ambulanti’. La gente, specialmente nelle campagne, non aveva mezzi e tempo per recarsi lontano da casa. Quindi erano gli artigiani e i commercianti ad andare da loro: il calzolaio-ciabattino, il falegname (e’ marangoun), lo straccivendolo (e’ strazèr), la pescivendola o venditrice di vongole (la purazèra), il sarto… E dietro a ciascuna di queste bici c’è una storia fatta di sudore, di calli, di vite spese a macinar chilometri su strade sconnesse e impervie. Freddo, pioggia, solleone. Letti di fortuna nei pagliai o nelle stalle. Poveri pasti offerti in cambio delle prestazioni o delle merci…”

Fornaio e collezionista, ma anche bravissimo regista. Maurizio riesce infatti ad organizzare, curando tutti i particolari, interessantissime mostre che diventano percorsi didattici dalle diverse sfumature e che incuriosiscono spettatori di ogni età. Per ogni bicicletta e l’attività che essa rappresenta Maurizio ha fatto ricerche approfondite, spesso attingendo da quella che lui definisce la sua “biblioteca preferita”: la memoria orale degli anziani. Grazie ai racconti di testimoni preziosi (come Ernesta, la mamma novantenne) Urbinati ha creato grandi pannelli esplicativi che completano le mostre che organizza, molto richieste da Comuni e associazioni in tutt’Italia. Nei mesi scorsi ospitata al Palazzo del Podestà di Rimini, in novembre la sua collezione è stata trasferita a Milano, nelle sale del Museo dell’Energia, dove è stato presentato anche un libro dedicato alle biciclette da lavoro di Maurizio.

L’ulteriore dettaglio delle comparse in carne ed ossa, abbigliate con vestiti d’epoca a seconda dell’attività rappresentata, denota l’attenzione ai particolari di questo collezionista davvero speciale.

Nulla è lasciato al caso e all’improvvisazione: Maurizio tratta e cura i suoi oggetti con una sorta di sacralità. Un rispetto per il lavoro e il sudore degli altri che viene naturale per chi, come lui, ha il dna che affonda le radici nel mondo contadino, dove per garanzia bastava la stretta di mano.

“Guardi com’è consumato il grembiule di cuoio del maniscalco! Vede queste lettere d’inizio Novecento nel cassetto dello scrivano, accanto al calamaio e agli occhialini con la montatura di ferro? E la padella bucata della caldarrostaia? Ammiri i colori delle marionette di legno nel teatrino ambulante; i paramenti sacri del prete su due ruote; gli attrezzi dello spazzacamino, del macellaio, del fotografo, del barbiere… Quanti volti! Quante storie! Mi piacerebbe conoscerle tutte, raccoglierle dalla voce dei nonni e scriverle in un libro per le nuove generazioni. Per non perdere un pezzo del nostro passato, della storia con la esse minuscola, fatta dai semplici.”

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