Sinfonie per i mari

pubblicato su Rimini In Magazine – n. 3 giugno/luglio 2008

Il “Tarantella” del 1967. Il primo “Moro di Venezia” costruito per Raul Gardini nel 1976. Il “Serida II”, del 1986, lungo 22 metri. Barche a vela simili a magnifiche sinfonie, eseguite senza sbavature.

“Per raggiungere questi risultati potrebbe bastare un discreto direttore d’orchestra. I singoli musicisti, invece, devono assolutamente raggiungere la perfezione. Ognuno col suo strumento, l’abilità, la passione. Al capo basterà coordinare il lavoro degli altri, che comunque deve conoscere, e dare le dritte giuste. Cosa farebbe, se non avesse a disposizione dei bravi elementi?” Esordisce così, col giusto riconoscimento ai collaboratori, il racconto del maestro d’ascia Stefano Carlini, riminese noto in tutto il mondo per la qualità delle imbarcazioni che escono dal suo cantiere di via Sinistra del Porto.
L’ultima sinfonia eseguita dall’orchestra di maestri guidata da Carlini si intitola “Clan” ed è stata varata in maggio. Una barca a vela lunga 19 metri e costruita totalmente in legno. Progettata, sagomata, lucidata, accarezzata per oltre 15.000 ore di lavoro. Per la gioia del fortunato (e invidiato) proprietario, l’industriale riminese Adriano Aureli.
Vero oggetto dei desideri, il “Clan” è l’ultima creatura del progettista triestino Carlo Sciarrelli, scomparso nel 2006, che con Carlini ha costruito una quindicina di imbarcazioni. “Un vero genio”, lo definisce Stefano.
Mentre spiega le entre spiega le caratteristiche del suo mestiere, Carlini ripercorre la storia dell’azienda di famiglia. Ed è come rispolverare uno spaccato di vita della marineria riminese.
“Mio nonno Arturo era falegname di ferrovia, quando le carrozze erano totalmente fatte in legno. Mio padre Roberto, classe 1912, seguendo le sue orme iniziò come garzone di bottega. Prima della guerra andò a lavorare al cantiere navale Gentili, specializzato in barche da lavoro. Durante il servizio militare (tre anni in Cina) imparò inglese e francese, risorsa che fu utile al passaggio del fronte e nell’immediato dopoguerra, quando l’attività dei cantieri riprese alla grande. I migliori progettisti navali, infatti, erano inglesi e americani: conoscere la loro lingua voleva dire anche interpretarne meglio i disegni. Erano gli anni in cui nacque il Club Nautico, che allora aveva sede lungo l’Ausa, e in cui la cantieristica riminese iniziò a costruire anche barche da diporto.”
Nel 1960, anno di nascita di Stefano, papà Roberto fonda col fratello Alessandro il cantiere “Fratelli Carlini”, denominazione mantenuta fino al 1978. “In quel periodo si costruivano quattro barche all’anno - spiega Stefano - Si trattava di alto artigianato e c’era molta manodopera specializzata. Ora è più difficile trovare la ‘materia prima’, cioè gente esperta e appassionata. Per fare una barca ora impieghiamo due anni!”
Ma quando entra in gioco il giovane Carlini?
“Molto presto. Dopo aver frequentato l’Istituto Nautico di Ancona ho iniziato a collaborare con mio padre, acquisendo un po’ alla volta il patrimonio di conoscenze derivante dalla sua lunga esperienza. Un apprendistato che avrei voluto più lungo: nel 1982, infatti, mio padre si ammalò e con la sua scomparsa, nel 1985, mi ritrovai unico titolare del cantiere. Avevo appena venticinque anni. Comunque non ero solo, visto che mia moglie Monica, preziosa colonna amministrativa dell’azienda, era già al mio fianco. Se ce l’ho fatta lo devo anche a lei e a tutto il resto della squadra. Chi è andato in pensione dopo trent'anni di lavoro, altri che sono ancora con me. Gente con cui condividere il batticuore del giorno del varo. Niente, comunque, in confronto all'emozione che si prova quando la nostra creatura lascia il cantiere e prende il largo: sembra che con lei se ne vada anche un pezzo di vita.”
Mentre Stefano si lascia andare a queste considerazioni, il “Clan”, come una bella donna tirata a lucido che si appresta ad uscire da sola, attende di essere rifinita con attrezzature e arredi.
Intanto, nella luce del tramonto, si fa ammirare con nonchalance dai marinai che le passano accanto lentamente al loro rientro in porto.
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