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Quella villa misteriosa, così piena di ombre

La racconto come me l’hanno venduta: la bella villa abbandonata che vedo dalla finestra, immersa nel parco che dà respiro alle mie estati, nasconde un tesoro misterioso. Un mio concittadino ottantacinquenne (una delle ultime memorie storiche di Viserba) l’altra sera, sapendo della mia curiosità, mi ha detto: “Sa, signora, quella villa accanto a casa sua? Mio nonno partecipò alla sua costruzione. Quand’ero bambino mi raccontava che i proprietari avevano nascosto ‘una cosa molto preziosa’ in uno degli angoli della fondamenta. Non si è mai saputo in cosa consistesse questo tesoro, se denaro, documenti o quant’altro, e neppure in quale dei quattro angoli…”

Nel sito del Comitato Turistico di Viserba c’è una foto della villa risalente al 1910, quand’era stata appena costruita (a questo link).
Ogni volta che mi affaccio al balcone immagino la contessa Gemmamaria che passeggia nei vialetti, lì sotto. L’ombrellino di pizzo la ripara dall’abbronzatura, a quei tempi riservata alle contadine. Il cagnolino saltella vicino a lei e gioca con la balza della lunga gonna… E il tesoro? Gioielli? Perle? Carte preziose?

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Dizionario romagnolo M – Z

Avviso ai naviganti: più che di dizionario, si dovrebbe parlare di glossario. Infatti in queste pagine inserisco, di volta in volta, i termini dialettali che uso nei post. Quasi tutte le definizioni sono tratte dal Dizionario Romagnolo Ragionato di Gianni Quondamatteo.

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magnùga: il mangiare, il cibo quotidiano. Clò e’ pénsa sna ma la magnùga! (quello là pensa solo al mangiare). Va là che da oz s’t’vò stè iqué t’at guadagne la magnùga! (vedi un po’, che da oggi, se vuoi restare qui ti devi guadagnare il pane quotidiano!). Il padre ai figli: sa savésve quant ch’l’è dura la magnùga! (Se sapeste quanto è duro guadagnarsi il pane quotidiano!).
paganèl. Ittiol, o guvàt, Ghiozzo paganello (Gobius paganellus). Ma si chiama paganello anche il Ghiozzo nero (Gobius niger Jozo). Vive fra le pietre, nelle vicinanze dei nostri porti, dove – amico dei pensionati – nei mesi di maggio e giugno passa delle belle mattinate facendo scorpacciate di esche, per poi finire fritto o arrosto: buono se mangiato appena pescato. Non solo, ma riabilitato in questi ultimi tempi, serve altresì per fare un ottimo, leggero brodo (unitamente a odori, s’intende) per cuocervi qualche minestra.

pataca: così era chiamato lo zio di Titta, in Amarcord. Gianni Quondamatteo, nel suo Dizionario Romagnolo Ragionato, definisce pataca “babbeo, bietolone, credulone, sciocco, sprovveduto, tre volte buono…”. E poi elenca una casistica lunga due pagine, di lettura godibilissima
rénga: – ittiol. aringa. E’ il pesce più importante dell’alimentazione umana, per le enormi quantità annualmente immesse sul mercato. Il suo habitat sono i mari settentrionali. Lunga 20-30 cm., la rénga è il distintivo della miseria: “cun na rénga, e’ magnèva una faméja”, dicevano i vecchi con una strana forma d’orgoglio. E’ sottinteso che quella famiglia mangiava, in ultima analisi, del gran pane. La rénga è anche il distintivo dei riminesi, in contrapposto alle poveracce (puràzi) dei riccionesi ed alle grosse cipolle (zvulùn) dei santarcangiolesi. Barili di aringhe, e lanci di aringhe, hanno qualche volta punteggiato gli incontri e le sconfitte patite dai riminesi nel campo dello sport.
L’è dura la rénga!” o anche “L’é cativa la rénga!”: così si apostrofa, a mo’ di scherno, chi ha patito una sconfitta o una delusione.
spulicrét: ha diversi significati. Chi è spulicrét è preciso, pignolo, ordinato, schizzinoso. La camicia, le scarpe che compra, o qualsiasi altra cosa, vengono meticolosamente esaminate: guai a che un peluzzo o una macchiolina deturpino l’oggetto. Il nostro è sempre vestito in modo inappuntabile; e a tavola, ovviamente, non è che inghiottisca distratto il cibo. Ci mancherebbe altro! Si dice: ‘E’ fa e’ spulicrét!’ (fa il difficile nel mangiare, affettato nel parlare).”
strolgare, strulghé: strologare, inventare, immaginare, escogitare, almanaccare, predire la sorte.

zizle: pallina di creta, colorata, per giochi di bambini. Anche “zizne”. “Zughè a zizle”, il grande divertimento di una volta. Oggi l’infanzia si diverte (e si annoia) con meravigliosi giocattoli ‘atomici’, e le nuove generazioni si preparano alle imprese spaziali. “Cun i zizle”, invece, è il caso di dire che si resta terra terra. “Sti du zizle!” questi due coglioni. Al pl. anche zizul, zezul, zezli.

Cari lettori, vi posso contare?

Ogni tanto un po’ di sana gratificazione fa bene alla salute, no? Almeno per me.

Dopo quasi tre mesi dalla creazione del blog vivo ancora la fase esaltante, come avessi fra le mani un nuovo giocattolo. Mi meraviglio di ogni novità e di qualsiasi funzione e marchingegno che giorno dopo giorno vado a scoprire.

Il mio webmaster, attualmente in vacanza dagli studi romani, pasticcia di là, all’altro computer e “strolga” sempre cose nuove per questa mamma grafomane.

Ieri mi ha regalato il contatore delle letture per ogni post. Ecco, come per magia, ora sotto al titolo appare un numerino: sono le persone che hanno letto i miei interventi. Al netto. “Cioè – mi spiega l’esperta – abbiamo tolto le mie e le tue letture, mamy, che da sole farebbero spallare la calcolatrice!” Carina, vero?

Naturalmente il conteggio parte da ieri… Quindi, direi che non mi posso proprio lamentare! E il webmaster, con la sua sfera di cristallo, riesce anche a capire da dove vengono queste visite. E qui c’è un’altra sorpresa: numerosi lettori vengono da fuori, non sono navigatori conosciuti. Sarà il motore di ricerca, saranno le parole-chiave giuste? Boh?

Il fatto è che questo giocattolo mi affascina. Mi piace anche lo scambio fra blogger, come quello con Kikko, con Antonio, con Placida Signora, che visito quotidianamente e spesso mi ispirano commenti.  

Un solo rischio per Maria Cristina: non riuscire più a schiodarsi dal PC. Oggi è domenica e a Rimini c’è il sole. Forse sarebbe meglio andare al mare… Però non amo troppo la calca preferragostiana. E, d’altronde, di là in cucina il pranzo è nel forno e posso controllarlo anche da qui (dall’odore…).

Per Cristella, invece, nessun rischio: è la favola che continua…