Il dialetto? Lingua biologica. Parola di gelatieri.

i gemelli nella loro insegna

Dalle 11.00 alle 02.00
Aperto 364 giorni.

Cius snà e de ad Nadel (chiuso solo a Natale)

Così recita il biglietto da visita di Fabrizio e Francesco Ceccarelli, gemelli gelatieri, poliglotti e appassionati studiosi di lingue. Durante l’estate, ma non solo, il loro locale di via Marecchiese, inaugurato lo scorso dicembre e riconoscibile dall’insegna coi loro simpatici faccioni disegnati, è méta di buongustai e di curiosi.

Si va dai gemelli per assaporare gusti dimenticati o sconosciuti, ma anche per conoscerli, per presentarli agli amici e per ascoltare quanto hanno da raccontare. Sono quasi un’attrazione della città: chi ha ospiti da fuori, li porta volentieri a fare una visita guidata nel gusto.

Già il benvenuto è speciale: quando i ragazzi riconoscono un cliente nuovo, quasi lo costringono ad assaggiare ogni gusto della loro produzione, di ciascuno spiegando nei dettagli ingredienti e caratteristiche. “Assaggi la liquirizia della Calabria – insistono col cucchiaino già pieno che solo a vederlo fa venire l’acquolina in bocca – Ecco anche la cassata siciliana e il vero pistacchio”. E mentre uno continua con le tentazioni, l’altro va nel retrobottega a prendere il sacchetto ancora sigillato ed etichettato proveniente da Bronte, per mostrare il colore verde vivo dei semi.

Per i turisti del gusto, l’importante è trovare Fabrizio e Francesco in vena di chiacchiere (cioè quasi sempre): possono tranquillamente disquisire di cibi ed ingredienti biologici e sani, così come dell’etimologia delle parole nelle varie lingue e della storia-geografia che lega i diversi linguaggi del mondo fra loro, dialetti compresi.

“Il dialetto è una lingua biologica, come il nostro gelato”, affermano con linearità sconcertante.

Non hanno forse ragione?

Nella vetrinetta che mostra i gusti che propongono, le etichette sono in dialetto romagnolo, sottotitolate in italiano: mòinta (menta), baleusa imbariega, (castagne affogate), arcòta s’al zròisi (ricotta e amarene), còcli s’i dàtar (noci con datteri)…

Se ti scoprono interessato (come poteva essere altrimenti per Cristella?) passerebbero ore a spiegarti che il riminese burdèl nel forlivese e nel ravennate diventa tabàc e nella Valle del Savio bastèrd.

Uno dice mezza frase e l’altro la termina: “Stiamo studiando il dialetto romagnolo, per legarci alle radici di una parte della nostra famiglia. Valori, per noi, di importanza inestimabile.”

Curiosa, la biografia dei gemelli Ceccarelli: nati a Città del Capo nel dicembre del 1978, sono rimasti là fino all’età di quattro anni. In seguito ci sono ritornati annualmente a trascorrere le vacanze estive dai nonni materni, oggi novantenni. Mamma Ester, sudafricana, ha origini olandesi-scozzesi, con un quarto di sangue di provenienza austro-ungarica. Il papà Flavio è nativo di Riccione. I gemelli parlano correttamente inglese e italiano. In più, Francesco conosce bene anche olandese, francese e greco. La passione del dialetto romagnolo, dicevamo, li stringe in un legame forte quasi quanto quella per il gelato “assolutamente genuino”.

Qualche anno dopo la maturità al Liceo Classico di Pesaro, l’avventura di gelatieri è iniziata nel 2001 in un buco di negozio rimediato sul lato più nascosto del grattacielo di Rimini. Tradotto: ci voleva una bussola, li trovavi solo se venivi accompagnato da qualcuno che già li conosceva.

“Era un posto dal gusto rétro – scherzano oggi – Nel vero senso del termine: stavamo proprio sul retro!”

I gemelli Ceccarelli non passano certo inosservati e sono diventati famosi anche oltre i confini riminesi dopo l’incontro con Piero Chiambretti, avvenuto due anni fa. Dopo essere capitato con amici per gustare soltanto il loro gelato, Piero è rimasto colpito dai personaggi e li ha portati in Tv, ospiti fissi nel programma Markette. Sempre con Chiambretti nel febbraio 2007 i ragazzi hanno partecipato al Dopofestival di Sanremo e in seguito ad altre trasmissioni. Hanno girato uno spot pubblicitario per Alpitour e partecipato al film “L’allenatore nel pallone 2, vent’anni dopo” con Lino Banfi. Nei mesi di giugno e luglio 2008 hanno girato il loro secondo film, non ancora uscito, dal titolo “No problem”, con Vincenzo Salemme e Giorgio Panariello.

Due “macchiette” da spettacolo, verrebbe da definirli. Ma sarebbe un’etichetta troppo limitativa: Fabrizio e Francesco sono innanzitutto “mastri gelatieri” non omologati. E tali vogliono restare.

E’ dal 2001 che, col padre Flavio, hanno iniziato a fare studi ed esperimenti per produrre il gelato nella maniera più naturale possibile. Inizialmente dovendosi limitare a soli tre gusti (fiordilatte, nocciola, cioccolata). “Gli unici, allora, con ingredienti a garanzia di purezza, se opportunamente scelti.”

“La nostra famiglia ha sempre operato nel campo della ristorazione – raccontano i gemelli – Fino al 1993 abbiamo gestito il ristorante-parco ‘Il santuario degli uccelli’ di Saludecio, una sorta di paradiso attorniato da tre ettari di terreno e un piccolo zoo. In seguito abbiamo aperto una pizzeria al taglio e forno da dolci a Morciano.”

L’idea del gelato biologico nasce dunque nel 2001. Inizialmente è Fabrizio che se ne appassiona, supportato dal padre. Sono anni di studi e ricerche, con trasferte fino in Umbria per frequentare scuole specializzate. Sono anni di esperimenti ed esplorazioni del gusto. Non bastava trovare gli ingredienti giusti: bisognava che questi fossero anche senza “additivi, emulsionanti, stabilizzanti, aromi, grassi idrogenati…” Il lungo elenco che Fabrizio sciorina velocemente dà l’idea di quanti componenti estranei possa contenere una coppetta di gelato. “Non il nostro, che deve essere assolutamente (e sottolineo ‘assolutamente’) naturale e biologico!”, dicono all’unisono i Ceccarelli, come punti nel loro orgoglio.

Ascoltarli è un’esperienza che non si dimentica. Si definiscono l’uno ‘clone’ dell’altro. E dev’essere proprio vero: sicuramente omozigoti, parlano sempre in simbiosi (e probabilmente pensano anche sulle stesse lunghezze d’onda). Siamo in tre, ad animare l’intervista, ma loro sono ‘uno’.

“L’unico addensante ammesso, per il nostro gelato, è una radice giapponese, il kuzu, che contiene molto amido”, spiegano.

Dai tre gusti originali (c’è ancora chi ricorda il papà che nel laboratorio a vista mescolava lentamente la cioccolata nel paiolo di rame) i gemelli sono passati a 20-25 gusti di oggi.

“Ne aggiungiamo uno ogni circa sei mesi: ci vuole molto tempo per la ricerca e per le prove! Non usando assolutamente semilavorati e basi pronte, la nostra proposta varia a seconda delle stagioni. Ora stiamo pensando al fico d’india e al cachi.”

Con la loro verve dialettica Fabrizio e Francesco inorridiscono quando la cronista accenna allo zucchero bianco.

“No! No! Mai usare quelle schifezze: fanno male alla salute! Getti via zucchero bianco, zucchero invertito e sciroppo di glucosio! Qui usiamo solo dolcificanti naturali e biologici: il miele vergine integrale di fiori d’arancio della Sicilia; il miele d’acacia e la melata di bosco, di produzione locale; il succo di mele concentrato del Trentino. Dipende dai gusti: usiamo anche il mosto d’uva, il malto di riso, lo zucchero di canna integrale non raffinato, il succo d’agave messicano. Acquistiamo la frutta da produttori di fiducia, specialmente nelle vicine zone del cesenate e del ravennate. Le arance e i limoni vengono dalla Sicilia, i mandarini dalla Calabria. Sempre e comunque aziende che producono biologico al cento per cento.”

E c’è qualcosa da dire anche sui coni.

“Già: per sei anni abbiamo servito il nostro gelato solo nelle coppette, per non inquinarlo con ingredienti non-naturali. Poi, finalmente, abbiamo scoperto una ditta artigiana della Garfagnana che produce cialde biologiche senza glutine, fatte con farina di riso e arrotolate a mano. Degna cornice-contenitore per il nostro prodotto.”

Ecco spiegato il nome scelto dai gemelli per la loro originale ed unica gelateria: un vero e proprio… Biodelirio.

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