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Le cose che piacciono a me: le Donne vere sono le “altre”

Il Buongiorno di Massimo Gramellini (prima pagina La Stampa di oggi).

Titolo “L’altra donna”.

Questo è uno di quegli articoli che ti riconciliano con i giornali (e con i maschi in genere). Lo dedico alle donne della mia vita: le due figlie, le due sorelle, le due cognate, la nipote e le tre pronipoti, le amiche vicine e quelle di FB e del blog, le colleghe, la suocera, la mamma (che chissà da dove mi sorride ancora). Tutte, tutte sono Donne “altre”, grazie a Dio!

“Come portavoce autonominato della Opposizione Estetica, mi permetto di esprimere tutto il mio sommesso disgusto per il prototipo di donna che emerge dagli scandali di queste settimane, che poi è la stessa donna che vediamo paparazzata nelle feste della Roma Cafona o issata sui troni di cartapesta di certi programmi televisivi. Bella di una bellezza vistosa e ritoccata. Vestita e truccata come la maschera di un trans. Aggressiva, sgangherata, ignorante. Non so per quale ragione certi uomini di potere abbiano una predilezione per lei.

Immagino perché non li mette in discussione. E’ una donna-sofà, a cui il potente si rivolge per scaricarsi e rilassarsi, con lo stesso spirito con cui davanti al televisore preferisce una gara di rutti a un programma di storia. So però che sopravvive un altro genere di maschi e che a questi maschi continua a piacere l’altra donna. Quella che non sghignazza, ma sorride. Che non mostra, ma allude. Che non seduce con le microgonne, ma con gli spacchi. Che conserva intatto il mistero femminile e intriga l’uomo che cerca di entrarvi in comunione. Che non si rifà, ma ha cura di sé. E sa coltivare sogni più larghi di una passerella scosciata in tv.

Di quest’altra donna i media non parlano più, al punto che qualcuno è arrivato a preconizzarne la scomparsa. Mai la realtà fu così lontana dalla rappresentazione. L’altra donna esiste e cammina ogni giorno accanto a noi. A scuola, in famiglia, in ufficio, sul tram. Basta solo ripulire un po’ lo sguardo per riuscire a cogliere la sua meraviglia.”

E la botta d’orgoglio, quando arriva?

“Sostiene un amico: Rimini è più ‘eterna’ del Vaticano: praticamente immortale. Veniamo da più  lontano e andiamo più lontano. Sfidiamo il tempo. Ci reinventiamo sempre la vita. Inossidabili. Sopravviviamo una volta ai barbari, una volta alla caduta dei Malatesti, una volta alla guerra, una volta alle alghe. L’orizzonte è la storia. Del resto, se ci fermassimo alla cronaca, addio.In questa ci impantaniamo benissimo. Non c’è un partito della città. Non c’è un disegno condiviso (si dice così, oggi?) di sviluppo. Che è un modo raffinato per dire che la classe dirigente, pubblica o privata che sia, di maggioranza o di opposizione che sia, non ti sa dire, in coro, dove si debba andare. E’ sempre stato così. Ma non è un problema, non lo è mai stato. Si deve per forza sapere dove andare? Da noi si potrebbe dire, paradossalmente, che andiamo ‘dove ci porta il garbino’. E non è un modo per buttarla in giornalismo o peggio.”

Silvano Cardellini scrisse “Una botta d’orgoglio” nel 2003. Le sue parole (“non c’è un disegno condiviso…”) vedevano lontano. Che disegno c’è sulla nostra città? Un mega-iper-centro commerciale intasato dalle automobili, probabilmente: l’appuntamento è per il 9 giugno, ma le prove generali sono state fatte anche nei giorni scorsi, quando la pioggia e qualche cantiere stradale hanno fatto saltare i nervi a turisti e residenti.

Peccato che Cardellini da quasi tre anni non sia più tra noi: com’era sua abitudine, avrebbe tirato delle belle frecciate, ai concittadini “classe dirigente”… Insomma, questa “botta d’orgoglio”???

Quando Silvia filava…

Venerdì 8 maggio Cristella, per un paio di ore, è “tornata a casa”, in quel di Gatteo a Mare, nella veste di scrittrice-giornalista.

Il luogo era ricco di ricordi: la vecchia scuolina di via Firenze, che da pochi mesi ospita il Centro Culturale Ricreativo “Giulio Cesare” (intitolato così perché lì, a cento metri, sfocia lo storico fiume Rubicone). La saletta dell’incontro era proprio l’aula dove Cristella, oltre quarant’anni fa, frequentava la scuola elementare.

La scusa era la presentazione del libro “Trama e ordito, mamme che tessono la vita”. Anche se pubblicato da ormai dieci anni e presentato in diverse città romagnole, non c’era stato ancora alcun invito da parte del paese natìo… Della serie “nemo propheta…”

Con i soci del Centro, il feeling è stato immediato, specialmente coi più anziani, visto che si è parlato non tanto del libro (comunque, non “solo” del libro), ma di tutto quanto l’ha ispirato, soprattutto il lavoro incredibile che occorreva per produrre la tela di canapa, attività presente, fino agli inizi degli anni Cinquanta, in ogni casa di campagna.

L’amica Franca Fabbri, poetessa e scrittrice colta e sensibile, ha saputo introdurre Cristella con le parole giuste, contribuendo a creare fra i presenti un’atmosfera carica di emozione.

Cristella e Franca

Oggetti “della nonna” – quali alcuni fusi, una rocca, parti di telaio (lézz e pettini), una navetta (la drugla), un ròdal – hanno attirato l’attenzione e provocato qualche lacrima fra i più anziani.

La novantaseienne Silvia si è ritrovata, con rocca e fuso in mano, a filare semplice stoppa con maestria. Come se avesse smesso il giorno prima… Ha detto: “Ne ho filata tanta, da giovane! Una volta imparato, non si dimentica più: è come per uno che prende la patente e guida la macchina. I gesti vengono naturali.”

Quando Silvia filava...

Per la cronaca: era presente anche Riccarda Casadei, la figlia del mitico autore della canzone Romagna Mia, Secondo Casadei, che è sempre attenta a tutto quanto può in qualsiasi modo valorizzare la terra romagnola, le sue tradizioni, le sue ricchezze.

Un vero onore e un vero piacere, per Cristella…

Così come lo è stato vedere, al termine della serata, i sorrisi soddisfatti ed emozionati (forse anche un po’ sorpresi) dei soci del Centro, che l’hanno invitata per altre occasioni.

Forse stanno pensando: “Ma chi l’avrebbe detto, che la fiòla ad Panarèt, cl’la burdèla s’i uciél, l’a fòss dvénta una giurnalésta?”

Il vaff… di Cava: quando cevvò, cevvò!

Quando Cristella si presentò a Osvaldo Cavandoli per intervistarlo, il noto disegnatore era in costume da bagno e stava giocando con un nipotino sotto all’ombrellone. Era il 23 agosto 2000, sulla spiaggia di Torre Pedrera. La sera seguente il Comitato Turistico della cittadina dove Cava passava le vacanze da tanto tempo gli avrebbe reso omaggio pubblicamente con una festa in piazza, festeggiando così anche i suoi 80 anni portati alla grande.
Cava fu molto gentile e disponibile e l’articolo per il Resto del Carlino venne piuttosto bene.

Durante l’intervista arrivò una telefonata del direttore del giornale che sollecitava la spedizione del pezzo entro mezzora. Vedendo sul volto di Cristella il disappunto – tenendo presente che quella conversazione era molto piacevole e la giornalista non aveva affatto voglia di concluderla – il disegnatore commentò a modo suo: prese il foglio bianco e il pennarello furbescamente portati dall’intervistatrice e, in un attimo,  tratteggiò il suo personalissimo saluto al direttore rompiscatole.
il vaff.... di Cava

Da quel giorno la vignetta è appesa nello studio di Cristella, a ricordare che… quando cevvò, cevvò.
Comunque, per chi voglia ammirare da vicino il “vaff…” di Cava, una copia è in mostra anche alla redazione del Carlino, al tavolo di lavoro della collega Monica R.

Giustiniano Villa e il terremoto di Avezzano del 1915

Giustiniano Villa (1842 – 1919) è noto come il “poeta ciabattino” di San Clemente, paese sulle colline alle spalle di Riccione. In tempi in cui la gente non leggeva e radio e tv non c’erano Villa girava per le piazze di paesi e città a declamare le sue zirudelle, forma poetica un tempo molto diffusa in Romagna. Ne scrisse a centinaia, stampate su foglietti che vendeva a un soldo l’uno (il prezzo era spesso indicato negli ultimi versi della composizione, diventandone la chiusura). Un giornalista ante litteram, attento al sociale e alla vita politica nazionale e internazionale. Oltre ai noti “dialoghi e contrasti fra padrone e contadino”, infatti, Villa portava alla gente poesie sociali e cronache vere e proprie.

Come quella scritta nel 1915, intitolata “Le calamità presenti”.
Il riferimento è al terribile terremoto che, alle 7.48 del 13 gennaio 1915, rase al suolo la città di Avezzano, in Abruzzo.

St’an lé l’an dla distruziun
di paeis e del persoun.
Dov la guera cla ne arriva
a fe la stragie più attiva
le arrivat un ent fastidie,
e nemigh d’S. Emidie
la ballè la padvanela
at tl’Italia i qua centrela
che at chi pòst Lou la distrutt
omne, don, paeis e tutt.

Questo è l’anno della distruzione
dei paesi e delle persone.
Dove la guerra non arriva
a far la strage più attiva
è arrivato un altro fastidio
il nemico di Sant’Emidio
ha ballato la pavanella (antico ballo romagnolo)
nell’Italia qua centrale
che in quei posti Lui ha distrutto
uomini, donne, paesi e tutto.
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