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Le arti magiche del Grande Ciarlatano. Dorothy over the Rainbow

Della serie: “quando le favole non sono state scritte solo per i bambini”.

Cristella in questi giorni sta rileggendo per l’ennesima volta “Il mago di Oz“, di Frank Baum.

La protagonista è Dorothy (quasi come la Principessa Numero Uno), una ragazzina che un tornado ha portato lontana da casa, e la canzone del film più famoso tratto dal libro si intitola “Over the rainbow“.

La “mia” Dorothy sa il perché di questa coincidenza…

Ma vediamo a chi piace la storia del cervello trovato… A volte basta un mago, a convincerci delle nostre potenzialità (“pessimo mago, ma in fondo un brav’uomo“, questo Oz) .

L’indomani mattina lo Spaventapasseri disse ai suoi amici: – Rallegratevi con me: vado dal Grande Oz a farmi dare finalmente il cervello. Quando sarò di ritorno, sarò uguale a tutti gli altri uomini.

– Io ti ho sempre voluto bene così come sei, – gli dichiarò la piccola Dorothy con semplicità.

– E’ molto gentile da parte tua voler bene a uno Spaventapasseri, – egli rispose. – Continua a leggere

In anteprima per i lettori di Cristella: favola Befana 2009

Domani pomeriggio, dalle 15 in poi, Cristella sarà impegnata – come negli anni passati – a fare la Befana per lo Ior, l’Istituto Oncologico Romagnolo. La location non è più la meravigliosa piazza Cavour come le prime volte, ma una “piazza” del Centro Commerciale Le Befane, luogo che, nonostante sia al coperto e al calduccio, Cristella ritiene molto più freddo. La regina favolista cercherà di scaldare l’ambiente con le sue favole e con le caramelle che riempiranno le tasche della sua “sottana alla romana”.
Cristella-Befana
Cristella-Befana
La favola scritta per l’occasione (ieri e l’altro ieri Cristella è rimasta impegnata al computer e stamattina ha fatto le prove di racconto ad alta voce) si intitola “Quanti anni ha la Befana?” e vuole essere la risposta a quella bimbetta che l’anno scorso, guardando il viso paffuto di Cristella, le disse: “Io non ci credo che te hai trecento anni, non sei neanche sdentata!”
Beh, cara bimba, anche la Befana è un po’ magica, no?
Ecco la favola.
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La Russa rimandato in storia. Mamma e babbo, invece, promossi

Sull’inserto Domenica de Il Sole 24 Ore di ieri, 14 settembre 2008, Riccardo Chiaberge propone il suo interessante Contrappunto, che trovo anche sul suo blog e riporto qui di seguito. Alla citazione era mia intenzione aggiungere, semplicemente, “no comment”…Poi ci ho ripensato: commentare SI DEVE. Il pericolo più grande, a distanza di appena 65 anni (un battito di ciglia, nell’orologio della Storia) è dimenticare. O, peggio, far passare versioni in qualche modo aggiustate dai posteri (1984 di Orwell dice qualcosa?)…

Dalla mia periferia storica e geografica posso solo riportare i ricordi di Martino Muccioli, classe 1917, che l’8 settembre 1943 era soldato in Yugoslavia. I tedeschi lo presero prigioniero e lo portarono in Polonia, dove rimase fino al termine della guerra a lavorare in una fattoria. “Trattato peggio di uno schiavo – raccontava – ma comunque privilegiato rispetto a tanti compagni. Almeno qualche volta mangiavo patate e cavoli. Dormivo nella stalla con le bestie.”

Martino, mio padre, è stato uno dei fortunati che sono riusciti a tornare a casa, trovando lutti e distruzioni. Nel frattempo la sua fidanzata Pierina, mia madre, ferita gravemente, aveva avuto la famiglia decimata da una granata degli alleati. Il 25 settembre 1944 a Gambettola morirono in un sol colpo, sepolti dalla terra del rifugio in cui avevano tentato di salvarsi, suo padre, suo nonno, tre fratelli adolescenti, quattro cugini (bimbi e adolescenti) unici figli di zii rimasti disperati. Grazie a Dio Martino e Pierina si sono ritrovati, si sono sposati nel 1945 con abiti neri in segno di lutto. Hanno avuto quattro figli, di cui io sono l’ultima, nove nipoti e, al momento, cinque pronipoti.

Come tanti altri che l’hanno vissuta, loro oggi non sono più qui a raccontare la loro verità. Posso solo testimoniare il terrore dei ricordi di quegli anni, il sobbalzare – anche dopo quarant’anni – quando passava un aereo a bassa quota, l’avversione per chi vestiva di nero. Anche loro, così “piccoli”, hanno fatto un pezzo di Storia.
Nella scuola di oggi e di domani, quella raccontata da Chiaberge, queste “favole” chi le racconterà più?

Ecco il suo testo:

Dal diario scolastico 2008-2009 di uno studente del liceo «Claretta Petacci» di Salò.

Lunedì 8 settembre

Caro diario, oggi è il primo giorno di scuola, e il nuovo prof di storia, un tipo barbuto di nome La Russa, ci ha spiegato l’armistizio del 1943 e la Repubblica sociale, che aveva stabilito la sua capitale proprio nella nostra città. L’Italia era spaccata in due. Il prof ha detto che dobbiamo ricordare non soltanto i partigiani, ma anche i repubblichini: «Altri militari in divisa, come quelli della Nembo dell’esercito della Rsi, soggettivamente, dal loro punto di vista, combatterono credendo nella difesa della patria, opponendosi nei mesi successivi allo sbarco degli anglo-americani e meritando quindi il rispetto, pur nella differenza di posizioni, di tutti coloro che guardano con obiettività alla storia d’Italia». Gabsosia004bignaziolarussa Poi è venuto a trovarci il preside, Giorgio Napolitano, e ha parlato della speranza di libertà e di giustizia «che condusse tanti giovani a combattere nelle formazioni partigiane». E del senso del dovere, della fedeltà e della dignità «che animarono la partecipazione dei militari, compresa quella dei seicentomila deportati nei campi tedeschi, rifiutando l’adesione alla Repubblica di Salò». A chi dobbiamo dar retta? Il preside a me sta più simpatico, ma il professore è quello che ci interroga e ci dà i voti. Insomma, l’anno comincia maluccio…

Giovedì 11 settembre

Oggi è venuto in classe il vicepreside, prof Silvio Berlusconi, e ha fatto un elogio di Italo Balbo, il gerarca fascista con la passione del volo, spedito dal Duce a fare il governatore in Libia: «Balbo in quel Paese – ha detto – fece cose egregie, cose buone. La colonizzazione italiana ha avuto anche aspetti positivi». La più bella della classe, reduce dal concorso di miss Linea Gotica (giuria presieduta da Erik Priebke), ha alzato la mano: «Ma allora perché abbiamo dato tutti quei soldi di risarcimento a Gheddafi?». Con la scusa di una zanzara che lo infastidiva, il vicepreside se n’è andato sbattendo la porta.Italo20balbo_2

Sabato 13 settembre

Il prof La Russa è ammalato, e oggi è arrivato il supplente, uno spilungone che si chiama Gianfranco Fini. Per prima cosa ci ha fatto fare un tema: «Partigiani e ragazzi di Salò». Noi, diligentemente, abbiamo scritto che vanno onorati allo stesso modo. Lui si è infuriato e ha dato l’insufficienza a tutti: «Non bisogna equiparare chi sta da una parte e chi dall’altra – ha spiegato –. I resistenti stavano dalla parte giusta mentre i repubblichini combattevano per una causa sbagliata». Chi ci capisce qualcosa è bravo… Sapete che vi dico? Se continua così, quasi quasi cambio scuola.

E’ Viserba o Cenerentola? C’è chi crede alle favole

i due sottopassi previsti a Rivabella e a Viserbella 

I quotidiani locali di oggi (ma anche quelli di ieri e l’altro ieri) hanno riempito pagine intere con l’argomento che sta scaldando gli animi dei viserbesi da qualche tempo.
Se fosse un film, dovremmo chiamarlo “Alla ricerca del sottopasso perduto”.
Brevemente, per chi non è di qui: la linea ferroviaria adriatica, costruita a poche decine di metri dal mare, spezza letteralmente in due la città di Rimini e tutti i paesi e le cittadine che sorgono a nord e a sud (Cesenatico, Gatteo, Bellaria, Viserba, Miramare, Riccione, Cattolica, ecc.). Se un centinaio d’anni fa questo non dava eccessivi problemi, lo stesso non si può dire di oggi, con l’inevitabile espansione urbanistica che ha interessato le aree a monte della ferrovia. In un piano generale che prevede la chiusura di tutti i passaggi a livello (cosa già attuata nella zona sud di Rimini) anche in vista della trasformazione della linea in Metropolitana di Costa (quindi con frequentissimi passaggi di convogli) qui da noi succederà una vera e propria rivoluzione.
I miei concittadini hanno preso carta e penna per sottoscrivere una protesta indirizzata al Sindaco visto che era stata comunicata l’intenzione dell’amministrazione di lasciare Viserba senza sottopassaggi. I comunicati “rassicuranti” che annunciano (meglio dire “promettono”) una sorta di dietro-front al riguardo sono stati emanati ieri, poche ore dopo la  tumultuosa assemblea cittadina di lunedì sera, di cui sono stata testimone.
Personalmente, ringrazio per l’attenzione data in questo caso ai viserbesi e spero con tutto il cuore che i miei nipoti possano vedere le opere concluse.
Però, da vecchia giornalista anche un po’ maliziosa e da scrittrice di favole, posso dire una cosa fuori dai denti?
Ne ho sentite tante di promesse su Viserba! In dodici anni di professione ho scritto tonnellate di articoli sulle magagne a cui ci hanno abbonato, sui mega-progetti sbandierati, l’edificazione subita, la viabilità disegnata a tavolino da fantasiosi artisti, il brutto e costoso (per i contribuenti) arredo della piazza con le mattonelle che ballano ogni volta che ci passo in bicicletta, gli allagamenti causati dalla cementificazione di tutto quanto c’era da cementificare, le aree incolte lasciate a sé stesse e alle bisce diventate allevamenti delle zanzare tigre, le fontane storiche dimenticate asciugate e seppellite per i dispetti fra privati e Comune, le piccole attività commerciali costrette a chiudere perché sono stati autorizzati degli ipermercati mangiatutto dentro la città…
L’elenco potrebbe continuare: non so quante penne ho consumato, a quante riunioni politiche, inaugurazioni, sedute di Quartiere ho partecipato. Per abitudine non getto mai fotografie, bloc-notes ed agende con i miei appunti: ne ho rimediato uno scaffale pieno, un giorno potrò scrivere la storia di Viserba.
In forma di favola, naturalmente: perché, appunto, i favolisti sono i primi ad accorgersi quando qualcun altro racconta favole…
Insomma, il tempismo con cui sono stati emanati i comunicati di ieri a Cristella fa sorgere qualche sospetto… Per il resto, come dicevo, ne ho sentite, di promesse e di rassicurazioni, in questi anni!  
Ho quasi cinquant’anni e non credo che vedrò come sarà Viserba fra altri cinquanta. Vista l’assenza di lungimiranza dimostrata da chi prende le decisioni importanti per questo territorio, penso di non essere l’unica ad avere questo pensiero: “che ce frega, mica ci saremo, fra cinquant’anni”.
 E le mie figlie, i miei nipoti?
Per concludere, una sorta di gioco. Date un’occhiata agli articoli di oggi che parlano dei sottopassi di Viserba (potete consultare la rassegna stampa disponibile sul sito della Provincia cercando la data che vi interessa o facendo una ricerca per parole-chiave) e provate ad individuare quali sono stati scritti al chiuso di una redazione “fidandosi” dei comunicati-stampa inviati dalla diverse parti interessate (ente pubblico, comitati, singoli consiglieri) e quale, invece, è stato scritto da una giornalista che si è recata sul campo.

Non sarà l’inviata in terre di conflitto, d’accordo, ma nel nostro piccolo anche questi particolari possono fare la differenza.

Ho scoperto un poeta (“che screca l’och m’e’ sorgh”)

Durante la settimana, come ogni donna impegnata col lavoro anche fuori casa, si corre e si galoppa agli ordini di quel perfido padrone che si chiama orologio.

Poi arriva il sabato, quando finalmente i ritmi possono rallentare…

Un’oretta in più a poltrire nel letto, tanto per cominciare. Poi, possibilmente in sella alla bici, a Viserba per un giro di spese tranquillo, senza fretta. Prima tappa: il giornale, per Cristella più indispensabile del pane (che è comunque la seconda tappa). Poi una sosta all’elegante bar in piazza, dove Carlo e sua moglie ti viziano, anche loro con ritmo tranquillo, con un ottimo caffé e qualche pasticcino.

Ultima tappa, il mercatino di pesce e verdura.
Niente vaschette e sacchi pre-confezionati e pesature autogestite da supermercato.
Qui c’è il contatto fra le persone. Qui si socializza.

Il fruttivendolo sempre sorridente, la giovane moglie che lo affianca con la stessa cortesia, la mamma che dispensa consigli dall’alto della sua esperienza, il babbo seduto in disparte che controlla tutti senza darlo a vedere, le aiutanti che suggeriscono qualche nuova ricetta…

Insomma, questa sosta del sabato mattino per Cristella è come un’oasi rinfrescante.

Fra un chilo di mele e qualche zucchina, con Andrea si parla di favole (anche perché uno dei suoi figli ha ascoltato Cristella raccontarle a scuola), di dialetto e, ultimamente, anche di questo blog. E una volta gli ho suggerito di lasciarmi un piccolo commento.

Mai e poi mai, però, avrei immaginato che per lui “commento” significasse quello che mi sono trovata, due sere fa, nelle pagine del “Dizionario romagnolo”. La sua è una poesia. E, che poesia! Merita un post.

Si raccomanda, Andrea, di non criticarlo per la sua sintassi imperfetta. Beh, forse ci sarebbe solo qualche accento da sistemare. Ma come ho già avuto modo di dire, il dialetto è una lingua orale e sulla versione scritta non si può imporre regole.

Ecco la sua poesia. Ho solo aggiunto la traduzione, spezzandola di tanto in tanto. Geniale “Aviva screc un och me sorg”, traduzione di “avevo cliccato sul mouse”, frase che in italiano fino a vent’anni fa non aveva alcun senso.

Ah, questa foto l’ho scattata col telefonino. Quando? Sabato mattina, naturalmente!

Andrea, il Fruttarolo poeta

Le permes a pos intrè
però an vria disturbè.
Ho santi’ che ma ste’ sit
us po’ zcor senza invit!
per parlè duna cosa bela
propria propria sl’a Cristela.

E’ permesso posso entrare, però non vorrei disturbare. Ho sentito che in questo sito si può parlare senza invito! Per parlare d’una cosa bella, proprio proprio con Cristella.

Aviva screc un och me sorg
per cminzè a navighe’
po tam si-nnu in menta
e a so-nnu per salutè.

Avevo strizzato l’occhio al topo (cliccato sul mouse) per cominciare a navigare, poi mi sei venuta in mente e son venuto per salutare.

Però nu taca sobti a critichè
e mi dialet clè un po’ ise’.
Perchè se tai guerd da foin
uinè d’invroch cume chi fa’ ades per fe e voin!
Enzi a sfrot sobti l’ocasioun
per ciapè una pusizioun
perche saria propria un delet
fe’ spari’ e nost dialet.

Però non attaccare subito a criticare il mio dialetto che è un po’ così. Perché se ci guardi proprio di fino, ce ne sono di pasticci, come fanno adesso per fare il vino! Anzi sfrutto subito l’occasione per prendere una posizione, perché sarebbe proprio un delitto far sparire il nostro dialetto.

Cara Cristela le propria per quest che at vria ringraziè
perche tas de modi da ricurdè.
Ricurdè al nosti radisi
cal per quasi da tot derisi;
e va po ben sl’integrazioun
ma ad afat buliroun!

Cara Cristella è proprio per questo che correi ringraziarti, perché ci permetti di ricordare. Ricordare le nostre radici che sembrano quasi da tutti derise; vada ben l’integrazione ma però che confusione!

Chi ariva pourta una lengua nova che la è da imparè
e dai oz e dai d’maen la nosta ad lengua
lan si sint pio’ parle’.
Me an so un razesta ad natura
ma nu santi’ piò e dialet lam per dura.

Chi arriva porta una lingua nuova che è da imparare e dai oggi, dai domani la nostra lingua non si può più parlare. Io non sono un razzista di natura, ma non sentir più il dialetto mi sembra dura.

Aloura Cristela nu t-abat
continua po a cumbat
e se la quiscioun la sfa’ dura
vin po’ da me cat-tir sò

sun po’ ad frotta e verdura!!!

Allora Cristella non t’abbattere, continua pure a combattere e se la questione si fa dura vieni pure da me che ti tiro su con un po’ di frutta e di verdura!

Il tuo Fruttarolo