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Le arti magiche del Grande Ciarlatano. Dorothy over the Rainbow

Della serie: “quando le favole non sono state scritte solo per i bambini”.

Cristella in questi giorni sta rileggendo per l’ennesima volta “Il mago di Oz“, di Frank Baum.

La protagonista è Dorothy (quasi come la Principessa Numero Uno), una ragazzina che un tornado ha portato lontana da casa, e la canzone del film più famoso tratto dal libro si intitola “Over the rainbow“.

La “mia” Dorothy sa il perché di questa coincidenza…

Ma vediamo a chi piace la storia del cervello trovato… A volte basta un mago, a convincerci delle nostre potenzialità (“pessimo mago, ma in fondo un brav’uomo“, questo Oz) .

L’indomani mattina lo Spaventapasseri disse ai suoi amici: – Rallegratevi con me: vado dal Grande Oz a farmi dare finalmente il cervello. Quando sarò di ritorno, sarò uguale a tutti gli altri uomini.

– Io ti ho sempre voluto bene così come sei, – gli dichiarò la piccola Dorothy con semplicità.

– E’ molto gentile da parte tua voler bene a uno Spaventapasseri, – egli rispose. – Continua a leggere

“A tratta si tirano”: la poesia di Pagliarani e i ricordi di Cristella. “E invece ha senso pensare che s’appassisca il mare”

In qualche angolino della memoria di Cristella bambina c’è un’immagine che ha come sfondo la spiaggia senza ombrelloni di Gatteo a Mare. Ragazzi e uomini del paese (Nicio, Alvaro e gli altri vicini, che ora non ci sono più) facevano la pesca alla tratta. Il ricordo è piuttosto sfumato (sono passati più di quarant’anni!), ma affiorano bagliori d’argento (probabilmente i pesci guizzanti catturati), gambe secche e nude, voci ritmiche e odori forti…

la pesca alla tratta (foto di proprietà del Museo della piccola pesca e delle conchiglie di Viserbella

La pesca alla tratta non viene più praticata da tempo, è vietata. D’altronde, chi la farebbe, oggi? Diversi l’ambiente e la generosità del mare, diverse le persone.

Come patrimonio culturale e antropologico ogni anno la tratta viene rievocata a Cesenatico (registrata anche in questo servizio del TG3 Regionale).

A Viserbella ci si può documentare visitando il Museo della piccola pesca e delle conchiglie, gestito dall’Associazione E’ Scaion.

Ecco come viene spiegata la trata nel Dizionario Romagnolo Ragionato di Gianni Quondamatteo: Continua a leggere

Ma voi, ve la ricordate la “camminata Folonari”?

Ci sono cose, nella memoria, che stanno nascoste per 30-40 anni e poi ritornano, come flash, quando meno te l’aspetti.

L’altro ieri una giovane collega mi seguiva, camminando verso l’uscita dell’ufficio, rimanendo piuttosto vicina e, m’è sembrato, col passo quasi sincronizzato.

Mi è venuto da ridere e le ho detto: “Ma cosa fai? La camminata Folonari?” Continua a leggere

Don Pino. Il tuo urlo di dolore è preghiera!

Non è facile trovare le parole giuste quando si perde un amico.

don pino
La mattina di lunedì sette dicembre, all’Hospice di Savignano dove era ricoverato da qualche settimana, si è spento don Pino Zoffoli, 71 anni, attualmente parroco di Sant’Egidio di Cesena.
Don Pino ha sofferto molto a causa di un tumore che lo aveva colpito diversi anni fa e che era tornato dopo un periodo di tregua.

Don Pino è stato il parroco della mia adolescenza, a Gatteo a Mare, dove arrivò nel 1974 (il trasferimento a Cesena è del 1996). E’ stato guida e amico negli anni fondamentali della mia vita.

Incarnava, anche fisicamente, la figura di Baloo, l’orso saggio del Libro della Giungla: ai ragazzi delle parrocchie in cui è stato (Macerone, Gatteo a Mare, Sant’Egidio) ha fatto conoscere l’esperienza dello scoutismo, i Focolari di Chiara Lubich, il Rinnovamento nello Spirito.

Don Pino era anche un sacerdote che conosceva l’importanza della comunicazione: il suo“Foglio di collegamento”, bollettino parrocchiale settimanale, è al 13° anno di vita ed è consultabile anche dal sito della parrocchia di Sant’Egidio. I numeri degli ultimi mesi hanno pubblicato il toccante diario della malattia, con i momenti di sconforto e le preghiere di don Pino sacerdote/uomo e di tanti suoi amici.

In luglio scriveva: Continua a leggere

Le cantarelle di Cristella

Dicesi cantarella una preparazione tipica romagnola fra le più semplici e povere. Acqua e farina, così come per la piada. Ma in proporzioni diverse. Anche la cantarella, come gli altri cibi del territorio, cambia ricetta di famiglia in famiglia. Un po’ come il dialetto, dove inflessioni e cadenze hanno mille sfumature e passano, negli anni, da padre in figlio (o da madre in figlia, quando si parla di cucina).

Féma dù cantarèli?”(facciamo due cantarelle?), era la proposta che a noi bambini faceva venire l’acquolina in bocca.

Ui vò la tègia ròssa e la legna bòna”, mi ha detto oggi, convinta, la Pierina d’e’ Zàqual, dall’alto dei suoi 97 anni. La teglia rossa per dire che il fuoco, sotto alla padella o alla teglia da piada, deve essere fortissimo, fino ad arroventarla. La legna buona, perché il modo migliore per cucinare le cantarelle sarebbe sopra un bel fuoco vero, nel camino o nella vecchia stufa a legna.

Dovendo arrangiarsi con l’attrezzatura presente nelle cucine moderne, Cristella ha usato una padella antiaderente posta sul fornello a gas aperto al massimo.

La ricetta è davvero semplice: si fa una pastella piuttosto densa con un bicchiere di acqua, ½ bicchiere di latte, 4 cucchiai colmi di farina, un cucchiaino di sale, un cucchiaino di bicarbonato. Quando la padella è molto calda, usando un mestolo si versa un poco di pastella fino a formare un disco del diametro di circa 10 centimetri. Si lascia cuocere da una parte per un paio di minuti (si formano delle bolle). Quando la cantarella si stacca facilmente dalla padella, la si gira dall’altro lato e si cuoce ancora per un minuto circa. Si continua così finché si finisce la pastella. Per mantenere tiepide le cantarelle, si dispongono in un piatto una sopra all’altra.

Il condimento tradizionale – il migliore in assoluto, secondo Cristella – prevede una spruzzata di zucchero semolato e un filo di buon olio extra vergine di oliva.

Hmmm! Mangiare per credere! Morbide, profumate, il sapore ricorda l’infanzia, apre il cuore, la pancia, la memoria…

Un’altra versione, pure questa legata ai sapori di casa, prevede la farcitura con composte dolci fatte dalle brave arzdore di una volta: e’ savor (o savour), la saba, i fichi caramellati, le marmellate casalinghe.

Le cantarelle, nella loro semplicità, sono strettamente imparentate con i pancakes anglosassoni, i blinis russi e le crèpes francesi. A casa mia si preparavano, di solito, in inverno, durante il Carnevale. E comunque di sera, dopo cena (tenendo presente che si cenava poco dopo il tramonto, verso le 18!).

Per chi volesse provare, potrebbero diventare anche una buona merenda. Genuvina genuvina!

Buon appetito!

Impasto

La cottura

La doratura

sono cotte!

e sono buone!