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I sogni si dimenticano?

L’ho sempre detto: “Bisogna che tutti questi sogni me li scriva”. Poi non lo faccio, presa dagli impegni del risveglio e della successiva carburazione per la nuova giornata. E pensare che ci sarebbero storie per riempire enciclopedie intere e per girare migliaia di film in puro stile felliniano. Proprio il mio concittadino illustre sarebbe da seguire: il suo “Libro dei sogni”, compilato e disegnato su suggerimento dello psicanalista, ha un posto d’onore nella mia libreria ed è ricco di stramberie, complicazioni, progetti, desideri, paure, persone amate e temute, visioni, viaggi.. Continua a leggere

Estate 1939. La Riviera Romagnola raccontata da Michele Campana.

Estate 1936. Il quotidiano torinese LA STAMPA pubblica, a puntate, un itinerario vacanziero che tocca le principali località della Riviera Romagnola, con qualche sosta anche nell’entroterra.
Lo stile narrativo è proprio di quel periodo. L’autore, Michele Campana, biografia, è figlio del suo tempo.
Lo “storico balneare” riminese Ferruccio Farina così descrive il contributo di Campana alla rappresentazione della nostra Riviera (dal saggio “DONNE, VIRTU’ E PECCATI TRA TERRA E MARE DI ROMAGNA, Tipi e stereotipi nei racconti di Michele Campana”, Ras n. 81, a. XXVII, 2007, che si può leggere completo in Romagna Arte e Storia:

S’è già citato anche Michele Campana che, con il suo “Danze di fronte al mare” del 1931, aveva costruito una sorta di guida eroico/poetica di quella Riviera romagnola sentita e descritta come tempio della lussuria ai cui tentacoli anche un uomo temprato dalla salda fede fascista avrebbe faticato a resistere. Una Riviera che, comunque, per la sua romagnolità e per essere stata scelta dal Duce per i riposi marini della sua famiglia e della sua amante, aveva in sé anche il gene della rigenerazione e del riscatto.

Una Riviera che Campana riprende a descrivere nel suo racconto “Sotto il sole di Rimini” del 1939, ambientandovi tutti i luoghi comuni possibili in fatto di etica e di retorica fascista, di sentimento popolare, di fede politica e religiosa. Facendone il terreno di incontro e di scontro dei suoi personaggi e delle contraddizioni loro e dei tempi. Personaggi e sentimenti ai quali Campana non esita a dare ben definita collocazione, anche geografica: il buono e il sano hanno le loro radici nella terra, nel rude appennino che ha dato i natali al Duce; il cattivo, il peccato e la lussuria allignano là, sulla Riviera dagli ammalianti e perfidi bagliori.
Ma, oltre ad offrirci gustosissimi quadretti romagnol-fascisti scritti con buona penna, il racconto di Campana, a distanza di quasi un secolo, diventa un documento prezioso per comprendere lo stato della fama di un luogo che, in quegli anni, stava mutando profondamente e sempre più velocemente la sua dimensione geografica, economica, culturale e sociale, e che stava per dare l’avvio a quell’esplosione quantitativa che caratterizzerà gli anni Cinquanta e Sessanta nei quali diventerà, nella percezione dei vacanzieri europei, la grande metropoli della divertimento.
Una Riviera della quale Michele Campana aveva già capito le due anime e la sua capacità di rinnovare il suo miracolo due volte all’anno…”
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Cronache dal passato

Rimini e dintorni in un articolo di sessant’anni fa, 20 giugno 1955. L’inviato del quotidiano torinese “La Stampa” racconta la nostra riviera in uno dei momenti più dinamici della sua storia: la ricostruzione postbellica legata al contemporaneo sviluppo del turismo di massa. Leggiamo di pensioni e alberghetti tirati su velocemente, di “alberghi interamente ricostruiti e modernizzati”, di prezzi alla portata di tutti. Immaginiamo i nostri nonni e i nostri genitori impegnati, e sicuramente frastornati, in questa epoca magica, quando intere famiglie scendevano alla marina, armi e bagagli, abbandonando campagne e colline. Nei mille cantieri della riviera in costruzione e in ricostruzione sappiamo impegnati i nostri pescatori o contadini che poi d’estate cambiavano giacchetta e diventavano albergatori, baristi, bagnini, commercianti.
E le loro donne, le arzdòre romagnole avvezze a s-ciadùr e parananza? Anche loro in prima fila, forse più dei compagni. Sicuramente loro, non solo in questi anni ma già da prima, alle origini del turismo sulle coste romagnole, ad inizio Novecento, erano il fulcro di ogni attività. Magari in inverno facevano da manovali, con badile e carriola, per ricostruire, abbellire, allargare, alzare la casa, poi pensione, poi albergo… In estate, quindi, regine della cucina, forti della loro esperienza con lasagne, tagliatelle e compagnia bella.
Queste donne e questi uomini hanno creato le strutture che oggi abbiamo in eredità, lasciandoci anche il loro modo di affrontare le difficoltà e i carichi di lavoro. Atteggiamenti e ritmi oggi insostenibili, che noi, seconda o terza generazione, non possiamo e non vogliamo più seguire (e questo è uno dei principali motivi della “crisi” del nostro modello turistico).
Ma una cosa è certa: tutto quello che oggi Rimini è (ma anche Cesenatico, Riccione, Bellaria, Gatteo a Mare e tutte le loro sorelle sulla costa romagnola) ha avuto origine in quei frenetici anni a metà del secolo scorso. Molti di noi non erano ancora nati, ma lì e allora ha avuto origine tutto ciò che oggi è la nostra città. Non solo il suo skyline, ma soprattutto il carattere e il modo di lavorare della sua gente.
Ecco l’articolo del 20 giugno 1955.
A Rimini i nuovi alberghi nascono ogni anno a centinaia

Bombardata 380 volte, Rimini uscì dalla guerra con un terrificante bilancio – Ma ben presto si ricostruì – Per Ferragosto l’arco riminese può ospitare 120 mila persone -I prezzi e le comunicazioni ferroviarie
(Dal nostro inviato speciale) Rimini, 20 giugno.

La fortuna di Rimini è nel suo incomparabile arco di 25 chilometri di spiaggia, che abbraccia Miramare, Viserba, Viserbella, Torre Pedrera, Bellaria, Rivabella, Igea Marina, Marebello, S. Mauro Pascoli; in questa sabbia finissima e dolce che si stende in una striscia larga oltre cento metri, nella quale s’incrociano tutti i dialetti d’Italia e le principali lingue europee; in questo ampio e festoso Lungomare sul quale si affacciano alberghi e ville, profumato di pini e di oleandri; nella opulenza del suo retroterra, nella bonomia della sua gente e del suo clima. Ma non è soltanto in questo, è anche nella tenacia e nella grandiosità con le quali ha saputo risorgere dalle macerie. Rimini uscì dalla guerra con un terrificante bilancio. I 380 bombardamenti – aerei, navali e terrestri – avevano arrecato distruzioni o danni per il 98 per cento. Cercate di farvi un’immagine di ciò che poteva essere Rimini, con quell’esiguo, con quel trascurabilissimo due per cento di case intatte. Abitazioni, chiese, ospedali, edifici pubblici, monumenti, non erano che rovine. Quasi del tutto inesistente era l’attrezzatura alberghiera, principale risorsa della città. Sulla eco delle ultime cannonate, tutti coraggiosamente si sono buttati a ricostruire. Per un decennio Rimini è stata il più imponente cantiere edilizio d’Italia. Oggi essa può presentare questo consolante bilancio. Le sue case, i suoi edifici monumentali, sono risorti; rinnovata e potenziata è la sua attrezzatura alberghiera. Oltre settecento fra alberghi e pensioni sono a disposizione dei villeggianti italiani e stranieri tutti nuovi o rimessi a nuovo, e tali da appagare i gusti d’ogni categoria di turisti. Dalla sventura, Rimini ha tratto forza e vitalità. Alberghi interamente ricostruiti, altri modernizzati; altri ancora si sono aggiunti a quelli che già esistevano prima della guerra. Una settantina ne furono edificati nel ’53, un centinaio l’anno scorso; parecchie diecine sono in corso di costruzione, e verranno aperti nell’attuale stagione. I suoi settecento esercizi alberghieri, di grande e piccola capacità, rappresentano un totale di oltre ventimila posti letto. Altri venticinquemila posti letto sono disponibili in villa e appartamenti privati. Nel periodo di ferragosto su tutto l’arco riminese la capacità di dilatazione, con gli occasionali adattamenti, sale a cifre iperboliche, si quintuplica addirittura: raggiunge infatti le centoventimila persone. Un altro fattore gioca a favore di Rimini, ed è il noto fenomeno della costiera adriatica, dalla quale il mare si ritira d’un metro e mezzo per anno. Dal ’40 a oggi la sua fascia sabbiosa si è dunque allargata di oltre ventidue metri, altrettanto spazio offerto ai bagnanti per l’elioterapia, per il riposo, per i giochi. Con un apporto così sensibile e costante si parla già di costituire un secondo Lungomare, un Lungomare d’arroccamento, per altri alberghi e ville, per altri negozi e cinema e caffè. Ai vantaggi del clima e dell’attrezzatura si aggiunge quello, non meno seducente, dei prezzi, tradizionalmente modici in rapporto al trattamento. La spiegazione è nell’abbondanza di risorse locali: pesce gustosissimo, frutta squisita, vino eccellente. I prezzi sono quelli dell’alta stagione, che ha inizio il 1° luglio; e ad essi sono da aggiungere le solite tasse e imposte: servizio, IGE, soggiorno, una maggiorazione che si avvicina al 20 per cento. Categoria di lusso: 4600-5600; 1^ categoria, 2900-3200; 2^ cat. 2100-2450; 3^ cat. 950-1600. C’è poi un gran numero di pensioni, i cui prezzi vanno da 1200-1950 per la 2^ cat. a 1100-1600 per la terza. Con 5000 lire si può avere per un mese una cabina, con 3500 un ombrellone, con 3000 una tenda. Ma quasi ogni albergo o pensione dispone di una propria attrezzatura da spiaggia messa a disposizione della clientela. Sia quelli che queste promettono non trascurabili riduzioni per famiglie e per lunghi soggiorni. In quanto a ville o case private, i fitti per l’intera stagione d’un appartamento di cinque stanze variano da 80-100 mila lire a 200-250 mila a 300-350 mila, man mano che ci si avvicina all’ideale della “vista sul mare”. In netta e costante ascesa è l’affluenza turistica lungo tutta la costiera riminese. Centoquattromila furono i villeggianti Italiani nel ’53, e ventiduemila gli stranieri; nel ’54 salirono a centotredicimila gli italiani e a trentamila gli stranieri. Fra questi, al primo posto sono gli svizzeri con 8261 nel ’53 e 9122 nel ’54. Seguono i tedeschi con 4307 e 7222 rispettivamente (ma con gli arrivi di quest’anno i tedeschi sono passati in testa); gli austriaci con 4099 e 5177; i francesi con 2138 e 2416; gli statunitensi con 1017 e 1148. Da segnalare il balzo dei belgi, che da 398 nel ’53 son saliti a 1276 nel ’54, grazie all’aggiunta di alcune vetture per turisti al treno Transalpino che ogni domenica porta in patria i minatori italiani occupati nel Belgio. Comodità ferroviarie: si tenga presente quanto accade ai belgi riferito ai piemontesi. Alla tradizionale Liguria essi hanno aggiunto la Riviera riminese, alla quale si vanno affezionando sempre più. Sono stati 3347 nel ’51; 4391 nel ’52; 4994 nel ’53; 7112 nel ’54. Essi occupano il terzo posto nella composizione regionale dei villeggianti: li precedono lombardi ed emiliano-romagnoli. Ma potrebbero essere di più. Un serio ostacolo è rappresentato dalle scarse e lente comunicazioni ferroviarie. Non c’è che un treno con vetture dirette Torino-Rimini e uno Rimini-Torino. Ma così lento e scomodo che scoraggia a servirsene. Quasi nove ore per percorrere 447 chilometri: velocità media, 50 l’ora. Le stesse considerazioni – attrezzatura, prezzi, affluenza – valgono per il resto dell’arco adriatico, che comprende a nord Cesenatico e Cervia, a sud Riccione e Cattolica. Alberghi e pensioni per ogni esigenza, prezzi accessibili a tutti, trattamento accurato. E comunicazioni ferroviarie che non tengono conto delle necessità e dei desideri del pubblico e degli orientamenti dei suoi gusti. Vi sopperisce però l’iniziativa privata. Dal 15 luglio al 31 agosto la Sadem infatti attuerà un servizio diretto quotidiano di pullman Torino-Cattolica, con partenza alle 13,30 da Torino e arrivo a Cattolica alle 23,30, e con gli stessi orari per il percorso inverso. Per il periodo estivo verrà inoltre intensificato il già esistente servizio Torino-Bologna, assicurando all’arrivo in quella città la coincidenza con le linee per la riviera riminese e per Cattolica.
(Giuseppe Faraci)

Focarina, fogheraccia, fugaràza: sempre fuoco (e festa) è…

fogheIn tutta la Romagna, e Rimini non fa eccezione, in questo periodo cominciano a vedersi, qua e là, dei mucchi di sterpi e di legna che crescono in altezza di giorno in giorno.

Non solo in aperta campagna: basta uno spiazzo libero dai condomini, una piazza o un cortile di parrocchia. Va di moda, ma non era così fino a qualche anno fa, anche la spiaggia.

Cosa succede?

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T’a’t arcòrd l’uragano?

Altroché, se me lo ricordo!
Avevo appena sei anni, ma quel pomeriggio di inizio giugno non lo dimenticherò di certo!
Abitavo a Gatteo a Mare e nell’orario in cui il cielo cominciò a minacciare burrasca e poi a rovesciare il finimondo ero con mia sorella e mia mamma nel “bassocomodo”, quella specie di garage (che oggi chiameremmo ‘dépendance’) in cui la famiglia si trasferiva nei mesi estivi per affittare la ‘casa bella’ ai bagnanti.
Il babbo, più pauroso di noi, era andato a rintanarsi da Nicio, il vicino di là dalla strada… Forse noi non avevamo fatto in tempo? Ricordo che ci stringevamo fra di noi, terrorizzate dai rumori che arrivavano da fuori.
Poi… il racconto dei disastri che erano avvenuti. Anche qui il ricordo di me bimbetta è nelle parole degli adulti: “…è volato via il tetto al condominio in fondo alla strada!”. E questo è ancora il pensiero che mi viene, spontaneo, ogni volta che passo davanti a quel palazzo, all’incrocio tra via Primo maggio e via Trieste.
Sono già passati cinquant’anni! Osta, però!

Ecco la cronaca di quel giorno tremendo in un articolo che ho trovato nell’archivio storico del quotidiano torinese “La Stampa.

Terrore e devastazioni sulle spiagge della elegante riviera di Romagna.
Spazzate le attrezzature balneari di Rimini, Riccione, Cattolica
Le riparazioni però sono già cominciate – Ore drammatiche nei «campings» allagati
(Dal nostro corrispondente) – Rimini, 9 giugno 1964.
Il tremendo nubifragio, che ha sconvolto ieri sera gran parte dell’Italia centro-settentrionale, ha colpito la riviera adriatica di Romagna verso le 19,30: a quell’ora violenti nembi cumuliformi provenienti dal nord si sono precipitati dal mare verso la costa alla velocità oraria di 104 chilometri, portandosi dietro una gigantesca ondata alta circa due metri. Così, mentre le raffiche di vento devastavano la costa abbattendo tronchi ad alto fusto, distruggendo insegne luminose, frantumando vetri e scoperchiando tetti, la furia della mareggiata si scagliava contro l’arenile, spazzandolo completamente da ogni attrezzatura balneare mobile, e si andava ad infrangere contro i lungomare, allagando scantinati di alberghi e sommergendo interamente tre accampamenti internazionali eretti sulla riva del mare a S. Giuliano di Rimini, a Fontanelle di Riccione ed a Misano. In queste ultime tre località sono stati sorpresi dalle acque vorticose circa due migliaia di turisti stranieri che giunti sulla nostra riviera con auto-roulottes, si erano attendati fra le pinete proprio ai bordi della riviera: la situazione si faceva quindi subito altamente drammatica per loro poiché la gigantesca ondata marina ha sommerso i campi sotto un metro e mezzo d’acqua, ponendo in grave pericolo la loro stessa vita. E’ stato allora un precipitarsi di soccorsi per salvare i campeggiatori: a S. Giuliano i carabinieri di Rimini, al comando del cap. Ennio Cicioni, han dovuto richiedere l’aiuto di alcuni automezzi speciali del 18° reggimento artiglieria, che si sono spinti nell’acqua fino ad una decina di metri dalla palazzina di cemento sita al centro dell’accampamento, dove si erano rifugiati più di cento turisti fra uomini donne e bambini; il salvataggio di questi ultimi al lume dei riflettori è stato quanto mai drammatico e solo l’abnegazione dei nostri carabinieri ha permesso che tutto finisse bene. Infatti, quando hanno visto che per gli automezzi era impossibile avanzare oltre, il cap. Cicioni ed i suoi uomini non hanno esitato a buttarsi nell’acqua. A Misano Adriatico i campeggiatori in pericolo erano più di mille ed anch’essi si erano ridotti intorno alla palazzina della direzione, verso cui si sono concentrati gli sforzi congiunti dei carabinieri di Rimini, coadiuvati da una compagnia di quelli bolognesi, e dei pompieri di Rimini, Forlì, Cesena e Pesaro; fortunatamente tutti hanno potuto essere salvati. Diverse decine di persone sono rimaste ferite per lesioni e contusioni procurate loro dai vetri rotti negli alberghi e pensioni: a Cesenatico il cinquantanovenne Dino Severi è stato colpito al capo nel crollo d’un capanno da pesca travolto dal vento ed è morto poco dopo all’ospedale; a Sant’Arcangelo di Romagna, in località Canonica, il quarantunenne Antonio rimaneva fulminato da un cavo ad alta tensione spezzato dal vento. A Rimini era dato per disperso il trentacinquenne Giuliano Drudi, scomparso durante il nubifragio, mentre a Cattolica, nelle operazioni di salvataggio di tre persone rimaste isolate in un bar sulla cima del molo, scompariva tra i flutti il sedicenne Fernando Cermaria, di S. Giovanni in Marignano, che aveva prestato la sua preziosa opera in aiuto ai carabinieri ed ai bagnini per salvare i tre pericolanti. Complessivamente i danni riportati fra Bellaria, Igea Marina, Viserba, Rimini, Miramare, Riccione, Misano e Cattolica, cioè i principali centri della riviera romagnola, si fanno ascendere a circa due miliardi di lire. Poiché però fortunatamente per la maggior parte ha subito danni l’attrezzatura mobile che può venire restaurata e sostituita in breve tempo, a Riccione il presidente dell’azienda di soggiorno, Carlo D’Orazio, ha dichiarato che in tre giorni le ferite potranno essere rimarginate.