Aragoste? No, grazie!

Se devo esser sincera l’aragosta l’avrò mangiata un paio di volte, nella mia vita. E confesso che l’unico ricordo che ne ho è la difficoltà a rompere la loro corazza e le chele. Del sapore non è rimasto nulla, nel ricordo. Soltanto l’idea di aver mangiato qualcosa da ricchi. Sai che soddisfazione…

Ma le cannocchie… Non toccatemi le cannocchie!

Anche se non è proprio la stagione migliore, non potevo più aspettare e, finito il fermo-pesca in Adriatico, finalmente ne ho comprate un chiletto.

Prima le ho studiate, sul banco della pescheria. Non erano proprio “vive”, come vorrebbe il “non plus ultra”, ma avevano un aspetto discreto.

E la voglia che avevo (fortuna che non sono incinta!) l’ho soddisfatta preparandole nel modo più naturale possibile: gettate in acqua bollente e lasciate lì per qualche minuto, scolate e, una volta fredde, pulite tagliando zampette, occhi, guscio e ammennicoli vari.

Si potrebbero condire con sale, pepe, olio e limone… Ma erano belle polpose e fresche: le ho assaporate così, “nature”…

Il prezzemolo nel piatto è lì solo a fini fotografici.

cannocchie

 

 

 

 

 

 

 

 

Il “mio” Dizionario Romagnolo Ragionato di Gianni Quondamatteo spiega:

“Canòcia – ittiol: cannocchia, cicala, pannocchia (Squilla Mantis). E’ quel noto crostaceo, di forma allungata, che richiede abilità e prudenza quando lo si lavora. Lessata, sgusciata e condita con olio, sale, pepe e prezzemolo fresco, è gustosissima e va giustamente ‘di moda’. E’ ottima anche arrosto, sulla brace, mentre per il brodetto suscita perplessità in alcuni, Vero è che nel passato, fra i pescatori, era usata per il brodetto ‘alla poverina’, cioè per un brudèt snà ad canòci, di sole cannocchie.  La stagione propizia è quella dei mesi invernali, quando la femmina è ricca di uova, la cosiddetta zera, cera (che non a tutti piace), che viene a deporre a riva durante lo scuro di luna, periodo ritenuto da taluni essere quello della cosiddetta canucèra. Svuotatasi delle uova, la cannocchia è detta anche scartòzCanòcia sta ad indicare anche qualcosa che non ha niente a che fìare con il gustoso crostaceo. L’è ‘na camòcia dicesi di una ragazza smilza, secca, niente affatto prosperosa. Peggio ancora l’è una canòcia smulachèda, svuotata di ogni sostanza. Di persona dal viso di colore verdognolo dicesi l’ha la faza cumé la pènza dna canòcia perché, talora, questo crostaceo assume questo colore.”

Un’ultima curiosità. Il regista Federico Fellini, raccontando che nella sua gioventù riminese non frequentava la spiaggia come i suoi coetanei, raccontava:

“Siccome ero magro e avevo il complesso d’esser magro – mi chiamavano Gandhi o canòcia – non mi mettevo mai in costume.”

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3 pensieri su “Aragoste? No, grazie!

  1. rosy

    Salve,io le canocchie le cucino con aglio olio pomodorino e prezzemolo. Sughetto sulle linguine.. Squisite.

  2. alex

    Buonasera, mi sa che l’ aragosta non l’ ha mai mangiata se ha avuto difficolta’ nell’ aprire le chele… perche’ l’ aeagosta non ha le chele… Poi un’ aragosta di qualita’ sopraffina (tipo quelle di Alghero), e’ un’ esperieza sublime. Ma lo sono anche le canocchie (o canoce o cannocchie o pannocchie o…) se lavorate a dovere. Provatele crude, un pizzico di fior di sale, evo brisighella e via! Le zampette cicciotte da succhiare sono divine.
    Saluti
    Alrx

  3. Cristella

    sono d’accordo sulle “zampette cicciotte” 🙂
    Sulle aragoste… beh, non sono un’habituée….

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